Stoccolma si è dichiarata “non competente per accertare l’accaduto”
La Svezia ha messo la parola “fine” alla sua inchiesta autonoma sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, avvenuto nel 2022 nelle acque del Mar Baltico. Come è stato annunciato mercoledì 7 febbraio dal procuratore svedese, Mats Ljungqvist, dopo un anno e mezzo di lavoro la “Svezia è arrivata alla conclusione di non disporre di competenze indispensabili di carattere giurisdizionale per accertare l’accaduto”.
I gasdotti Nord Stream 1 (costruito nel 2011) e Nord Stream 2 (costruiti nel 2021) e lunghi oltre 1.200 chilometri ciascuno e che passando per i fondali del Mar Baltico, avevano collegato per 10 anni la Russia alla Germania, sono stati danneggiati irrimediabilmente il 26 settembre del 2022 da due potenti esplosioni sottomarine.
La Svezia ha anche fatto sapere che gli “elementi raccolti durante l’indagine” – non meglio specificati perché coperti dal “segreto sulla cooperazione giudiziaria internazionale” – sono stati condivisi con gli inquirenti tedeschi. Oltre alla Svezia altri due Paesi del Baltico, la Danimarca e la Germania, hanno ufficialmente aperto delle inchieste. Non si sa a che punto siano gli inquirenti tedeschi, mentre Copenhagen ha dichiarato che una comunicazione in proposito sarà fatta “entro tempi brevi”.
I Paesi europei erano arrivati alla conclusione unanime che la fuga di gas da tre dei quattro tubi dei gasdotti era causata da un “attacco deliberato”. In un primo tempo l’Occidente aveva dichiarato che l’attacco potrebbe essere stato compiuto dalla Russia stessa, ma a sostegno di questa tesi non era emerso alcun elemento. In seguito all’annuncio svedese, il portavoce presidenziale russo, Dmitrij Peskov, ha dichiarato che “ora bisognerà vedere cosa dirà la Germania, che in conseguenza di quegli attacchi ha perso moltissimo”. Peskov infine ha ricordato che la Russia aveva più volte chiesto di poter partecipare all’indagine europea, ma queste “richieste più che legittime le sono state negate”.