Intanto la Russia aumenta le proprie esportazioni dei prodotti energetici verso la Cina e verso molti altri Paesi dell'Asia, tra cui l'Uzbekistan, e le altre repubbliche ex sovietiche dell'Asia Centrale
I Paesi dell’Unione europea prevedono di poter ridurre già nel 2023 le importazioni di gas russo a un minimo indispensabile, stimato da Bruxelles in 40-45 miliardi di metri cubi l’anno. Lo ha annunciato il Dipartimento di Stato americano in seguito alla riunione di un gruppo di lavoro UE-USA che si occupa delle questioni di sicurezza energetica.
“La UE è riuscita a ridurre in modo significativo la propria dipendenza dai combustibili fossili russi, eliminando gradualmente le importazioni di carbone, riducendo del 90% le importazioni di petrolio e tagliando le importazioni di gas naturale da 155 miliardi di metri cubi nel 2021, a circa 80 miliardi nel 2022, mentre il target per il 2023 è stato fissato a quota 40-45 miliardi di metri cubi”, ha sottolineato il Dipartimento di Stato in un comunicato stampa, ricordando che in “questo momento gli Stati Uniti sono il fornitore numero uno di gas naturale liquefatto (GNL) ai Paesi europei”.
La Russia ha appreso la notizia con indifferenza. “L’Europa non è l’ombelico del mondo e ci sono molti altri mercati nel mondo dove vendere gli idrocarburi russi”, ha commentato un rappresentante del ministero dell’Energia russo. Nonostante i drastici tagli degli acquisti europei il colosso russo dell’energia Gazprom sta aumentando l’estrazione del gas, che nei primi 9 mesi del 2023 ha raggiunto quota 474 miliardi di metri cubi. Grazie al costante aumento delle esportazioni verso la Cina in settembre la produzione di Gazprom è aumentata del 2,5% fino a 48 miliardi di metri cubi di gas.
Dopo gli attacchi terroristici contro i gasdotti russi del Mar Baltico Mosca ha accelerato il riorientamento delle proprie esportazioni energetiche verso l’Asia. La Russia ha costruito un nuovo gasdotto “Forza della Siberia” che nel 2022 ha permesso di esportare in Cina 15,5 miliardi di metri cubi di gas, mentre a pieno regime, stimato in 38 miliardi di metri cubi di gas trasportati all’anno, il nuovo gasdotto potrà cominciare a funzionare già nel 2025.
Oltre alla Cina molti altri Paesi del sud-est asiatico aumentano le importazioni di idrocarburi russi. Non restano in disparte i Paesi dell’Asia Centrale. In particolare l’Uzbekistan, dove in questi giorni a Samarcanda è in corso la 16a edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona, sta discutendo con Gazprom l’aumento della fornitura di gas russo. Come ha dichiarato a margine del Forum internazionale del gas a San Pietroburgo il ministro dell’Energia dell’Uzbekistan, Zhurabek Mirzamakhmudov, “stiamo discutendo l’aumento dei volumi, principalmente per il periodo autunno-inverno. Tenendo conto del fabbisogno energetico dell’economia dell’Uzbekistan in rapido sviluppo, faremo una valutazione adeguata”, ha sottolineato Mirzamakhmudov. “Importiamo dalla Russia anche del petrolio e dei prodotti petroliferi e siamo pronti ad aumentare anche questo commercio strategico”, ha detto Mirzamakhmudov, aggiungendo che “il Governo di Tashkent soddisfa gli obblighi ai sensi dell’attuale accordo con Gazprom sulla fornitura di 2,8 miliardi di metri cubi all’anno del gas russo in transito in Uzbekistan attraverso il territorio del vicino Kazakhstan”.