In molti Paesi europei la stampa s’interroga dell’effettiva influenza delle misure restrittive sull’economia russa e arriva alla conclusione che “le contromisure del Cremlino hanno stabilizzato la situazione e meno di un russo su tre si dice preoccupato”
Il 24 giugno l’Unione europea ha approvato il cosiddetto “14° pacchetto di sanzioni contro la Russia”. La spiegazione delle misure, che ha dato Bruxelles, è stata sempre la stessa di prima: “Ridurre le capacità economiche e finanziarie della Russia fino al punto che non sarà più in grado di combattere contro le forze armate dell’Ucraina”.
Dopo la fallita controffensiva, l’esercito ucraino appare demoralizzato, mentre le forze armate russe guadagnano costantemente terreno. In questa situazione i media europei si stanno interrogando sempre più spesso riguardo all’efficienza degli “aiuti finanziari e materiali occidentali” all’Ucraina, ma soprattutto dell’effetto che le sanzioni hanno avuto sull’economia della Russia, un Paese grande 17.1 milioni di chilometri quadrati, straricco di risorse naturali, molte delle quali vanno a ruba sui mercati di tutto il mondo.
In un articolo dedicato a questo tema, la Radiotelevisione della Svizzera in lingua italiana (RSI) riconosce che “il Cremlino sembra riuscito ad adottare le contromisure”, mentre “l’economia continuerà a crescere anche nel 2024”. Se da un lato, ha sottolineato la RSI, la Russia appare “tutt’altro che isolata sulla scacchiera internazionale, con la rete delle alleanze che tra l’Asia e il Grande Sud si è rafforzata”, anche al suo interno la “situazione pare essersi stabilizzata” e la società “si è adattata alla nuova cornice”.
“In particolare – continua la Radiotelevisione svizzera – accanto ai dati economici che confermano la resilienza di fronte alle sanzioni occidentali, le preoccupazioni dei russi verso le medesime restrizioni si stanno gradualmente attenuando, come hanno mostrato gli ultimi dati del Levada Center, centro di ricerca sociologico indipendente che monitora la società russa”.
Stando ai risultati di un recente sondaggio, citato dalla RSI l’opinione prevalente tra la popolazione russa è che “le sanzioni non abbiano creato seri problemi nella vita di tutti i giorni”. Sono cambiate ovviamente parecchie cose e tra di queste le più evidenti sono “l’aumento dei prezzi, l’abbandono di buona parte dei marchi occidentali dai supermercati e dai centri commerciali, le restrizioni per i viaggi all’estero con l’assenza dei voli diretti verso i Paesi occidentali, il blocco dei sistemi di pagamento tramite i più comuni circuiti internazionali e la scomparsa di numerosi medicinali”.
Allo stesso tempo, quasi due terzi dei russi ritiene che le sanzioni stiano rafforzando il Paese e diventando così un incentivo per lo sviluppo futuro. La maggioranza della popolazione pensa che il Cremlino debba continuare la sua politica e il livello di popolarità del presidente Vladimir Putin a giugno è salito all’87%. In sostanza negli ultimi due anni, la preoccupazione per le sanzioni politiche ed economiche dei Paesi occidentali contro la Russia è diminuita di 17 punti percentuali e oggi solo un russo su tre (29%) si dice preoccupato.
Nel suo servizio la Radiotelevisione svizzera ricorda che il regime sanzionatorio occidentale contro la Russia dura ormai da più di dieci anni ed è iniziato ancora nel 2014, quando dopo il colpo di Stato, il cambio di regime a Kiev e il ritorno della Crimea sotto il controllo di Mosca in seguito a un referendum popolare “erano state introdotte le prime sanzioni e più della metà dei russi (53%) era stato intimorito dalla reazione dell’Occidente”. Ora “per la stragrande maggioranza della popolazione comunque le sanzioni non hanno creato seri problemi diretti alla cerchia famigliare (88%)”. Di conseguenza la quota dei russi che pensano che le sanzioni rafforzino il Paese è aumentata del 7%; un russo su quattro è del parere che le sanzioni non avranno alcun impatto e uno su dieci prevede invece danni significativi. “Il 78% della popolazione ritiene – sottolinea la RSI – che il Cremlino dovrebbe continuare la sua politica in risposta alle sanzioni, mentre soltanto il 14% pensa che Putin debba cercare un compromesso e fare concessioni per sfuggire alla morsa occidentale”.
Infine il quadro delineato dai numeri del Levada Center dipinge in sostanza una situazione stabile e favorevole al potere in Russia, che “esclude scenari di rivolte popolari e di palazzo che potrebbero condurre a un ricambio al Cremlino”. Con il conflitto in Ucraina che in questa fase può essere definito “sotto controllo e dove non si intravede la possibilità di Kiev di rovesciare lo schema attuale, Putin continua quindi a godere del supporto popolare grazie alla crescita dell’economia, prevista oltre il 3% per il 2024”. La RSI nota inoltre che “i russi esprimono anche fiducia crescente verso il primo ministro Mikhail Mishustin, in carica dal 2020 e confermato lo scorso marzo dopo la rielezione dello stesso Putin alla presidenza”. Tecnocrate Mishustin ha raggiunto a giugno del 2024 il 75% di popolarità, valore toccato l’ultima volta nel 2011 dall’allora premier Vladimir Putin.