Gli Houthi: “Per la Cina e la Russia il trasporto marittimo nella regione del Mar Rosso non è a rischio”
È salito a 194 il numero dei militari delle Forze di difesa di Israele (IDF), uccisi nella Striscia di Gaza dall’inizio dell’operazione di terra, lanciata lo scorso 27 ottobre in seguito all’attacco di Hamas, costato il 7 ottobre 2023 la vita a oltre mille civili. Come hanno precisato le stesse IDF sul loro sito, dall’inizio del conflitto sono stati uccisi in totale 530 militari israeliani.
Israele non si piegherà di fronte alle pressioni internazionali e continuerà a combatte fino alla vittoria totale. La guerra contro Hamas “continuerà su tutti fronti fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi”. Lo ha ribadito il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, in conferenza stampa a Tel Aviv. “Per la vittoria – ha sottolineato Netanyahu – ci vorranno ancora non pochi mesi, ma siamo determinati a raggiungerla”.
Agli occhi dei Paesi arabi, dell’Europa e soprattutto degli Stati Uniti, la soluzione da perseguire per arrivare ad una pace solida e duratura a Gaza è quella dei “due popoli e due Stati”. Invece Netanyahu ha detto che “il Governo sotto la mia leadership non si accontenterà di niente di meno che la vittoria totale”, che non prevede uno Stato palestinese.
“Lo dico di nuovo: solo la pressione militare porterà alla liberazione degli ostaggi”, ha proseguito Netanyahu. Il premier ha poi indicato tra gli obiettivi, oltre al ritorno dei rapiti, l’eliminazione di Hamas e la certezza che non rappresenti più una minaccia per Israele. A Gaza – ha continuato – “non ci sarà alcun partito che educa al terrore, lo finanzia e che manda terroristi contro di noi”.
“In qualsiasi accordo futuro Israele deve controllare con sicurezza tutto il territorio a ovest del Giordano”, ha concluso. “E questo si scontra con l’idea di sovranità. Cosa ci possiamo fare? Il primo ministro deve essere in grado di dire di ‘no’ ai nostri amici“.
Per quanto riguarda la situazione nella zona del Mar Rosso, dopo il quarto attacco missilistico della coalizione militare, guidata dagli Stati Uniti, i ribelli yemeniti Houthi, i cui attacchi stanno ostacolando il traffico marittimo, hanno garantito un “passaggio sicuro” alle navi cinesi e russe. Come ha detto Mohammed al Bukhaiti, uno dei leader dell’ufficio politico dei miliziani sciiti filo iraniani, “nessuna delle navi legati agli Stati Uniti o alla Gran Bretagna potrà attraversare una delle principali rotte commerciali al mondo. Le perdite per i Paesi aggressori sono superiori a quelle dello Yemen”, ha detto al Bukhaiti.
“Per altri Paesi, tra cui la Cina e la Russia, il trasporto marittimo nella regione non è a rischio. Inoltre, siamo anche pronti a garantire il passaggio sicuro delle loro navi nel Mar Rosso”, ha aggiunto il rappresentante degli Houthi. “Invece le navi israeliane, o quelle che hanno anche un debole legame con Israele, non avranno la minima possibilità di attraversare il Mar Rosso”, ha sottolineato al Bukhaiti, aggiungendo: “Il nostro obiettivo è aumentare il costo economico per lo Stato ebraico al fine di interrompere la carneficina in atto a Gaza”.
Ma nel mondo di oggi, molto complicato e interconnesso, a volte è molto difficile, impossibile quasi, capire la vera appartenenza di una o dell’altra nave commerciale. Il 17 gennaio una nuovissima nave per il trasporto di automobili, del nome “BYD Explorer No.1” è salpata dalla città di Shenzhen, nel sud della Cina, trasportando più di 5.000 veicoli elettrici costruiti dalla fabbrica cinese BYD verso l’Europa, per il porto di Flushing nei Paesi Bassi e successivamente per quello tedesco di Bremerhaven. Le case automobilistiche cinesi, tra cui BYD, Chery Automobile e SAIC Motor, hanno effettuato ordini di navi per contrastare l’aumento dei costi di spedizione.
Ma come ha scritto l’agenzia ufficiale cinese Xinhua “la nave ‘BYD Explorer No.1’ è stata costruita dal cantiere navale cinese Yantai CIMC Raffles per la compagnia di navigazione israeliana Zodiac Maritime”.
E ora non è per niente chiaro se la nave costruita dai cinesi, con a bordo migliaia di automobili cinesi, ma gestita dagli israeliani potrà godere dei privilegi, che gli Houthi hanno promesso alla Russia e alla Cina.