I giudici saranno eletti dai cittadini, grandi proteste dell'opposizione
Il Messico ha approvato un’ampia riforma della giustizia che comprende anche l’elezione popolare dei giudici. La riforma ha provocato ampie proteste tra la popolazione e la votazione al Senato è stata ritardata a causa dell’irruzione dei manifestanti.
Alla fine, la riforma voluta dal presidente uscente Andres Manuel Lopez Obrador, al suo ultimo mese di mandato, è passata con i due terzi dei voti. Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente in procinto di insediarsi, Claudia Sheinbaum, per una revisione che secondo quanto spiega, rispecchia la volontà popolare.
“Il regime di corruzione e privilegi sta diventando un ricordo del passato e si sta costruendo una vera democrazia e lo stato di diritto”, ha scritto Sheinbaum sul social media X.
Per l’opposizione è invece una pagina triste della storia del Messico e una riforma che rischia di avere serie conseguenze democratiche ed economiche. Anche Stati uniti e Canada hanno affermato che sussistono rischi per la democrazia.
Gli oltre 6.000 giudici messicani attualmente in servizio dai tribunali locali alla Corte Suprema saranno liquidati e sostituiti da figure elette dai cittadini. La riforma porterà anche alla riduzione dei componenti della Corte Suprema a nove da 11 e riduce la durata dei loro mandati a 12 anni, abolisce il requisito dell’età minima di 35 anni e dimezza l’esperienza lavorativa necessaria a cinque anni. Una situazione senza precedenti nelle Americhe, spiega Tania Groppi dell’Università di Siena ad Avvenire: “Ad eccezione della Bolivia – che limita il sistema alla Corte Suprema –, in nessun altro Paese la magistratura giudicante è designata mediante votazioni popolari. Perché i giudici non devono rispondere agli elettori bensì agire in modo autonomo in base alle proprie competenze”.
Contro Obrador, che sostiene che la legge è nata per contrastare la corruzione, ci sarebbe anche la maggioranza degli stessi giudici e non è escluso che la Corte Suprema sollevi un problema di costituzionalità.