Il Niger è teatro dal 28 luglio scorso di una rivolta che ha destituito il capo di stato regolarmente eletto. Mohamed Bazoum è stato deposto dalla guardia repubblicana e al suo posto si è autoproclamato leader Abdourahmane Tchiani. Il Niger, dopo le rivolte di Mali e Burkina Faso, era rimasto l’ultimo stato del Sahel ad avere una chiara posizione occidentale.
Ex colonia francese, aveva all’interno del Paese un contingente di 1500 soldati francesi utilizzati per proteggere le cruciali miniere di uranio oltre che per combattere, insieme a truppe statunitensi, i movimenti jiadisti.
Il Niger è uno dei più importanti fornitori di uranio dell’Unione europea che qui viene estratto e poi esportato in Francia e in Spagna dove viene lavorato per poi essere utilizzato come combustibile. Secondo quanto riporta Euratom nel 2020 il Niger era il primo fornitore dell’Ue di uranio con una quota del 24,26%. Il blocco delle esportazioni verso la Francia dovrebbe dunque preoccupare il Vecchio continente anche se da Bruxelles arrivano segnali di segno opposto.
Adalbert Jahnz, portavoce della Commissione europea, ha spiegato nelle scorse ore che “sono presenti scorte a sufficienza per far fronte a qualsiasi rischio di approvvigionamento nel breve periodo. Per il medio e lungo termine ci sono abbastanza depositi nel mercato globale per coprire le necessità dell’Ue”.
Nel frattempo l’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale che ha sede in Nigeria e presidente senegalese, ha lanciato un ultimatum affinché venga ripristinato il governo deposto; Mali e Burkina Faso hanno minacciano reazioni nel caso ci sia un uso della forza da parte del blocco. Sia Francia che Italia si sono adoperati nelle ultime ore per rimpatriare i rispettivi cittadini presenti in Niger.