La rivolta è scoppiata dopo una riforma costituzionale: i leader locali temono possa diminuire l'importanza del voto degli indigeni
Da martedì 14 maggio in Nuova Caledonia vigore lo stato di emergenza in seguito alle rivolte che hanno sconvolto l’arcipelago del Pacifico, un territorio francese situato a est dell’Australia che Parigi aveva annesso nel 1853 e a cui aveva dato lo status di territorio d’oltremare nel 1946.
A scatenare le proteste è stata una riforma costituzionale contestata da una parte della popolazione perché diminuirebbe l’autonomia degli indigeni. In particolare la riforma permetterebbe ai residenti francesi che hanno vissuto in Nuova Caledonia per 10 anni di votare alle elezioni locali, un fatto che secondo il leader locali renderebbe meno importante e “pesante” il voto degli indigeni Kanak.
Una vera e propria sommossa ha provocato vari atti di vandalismo: edifici dati alle fiamme, negozi saccheggiati e la morte di quattro persone.
Il presidente della Francia, Emmanuel Macron, ha così deciso di agire dichiarando lo stato di emergenza, mettendo alcune persone agli arresti domiciliari e vietando TikTok e mandando forze dell’ordine sull’isola principale dove il contingente delle forze di polizia passerà da 1700 a 2700 unità con anche alcuni membri dell’esercito per aiutare a riprendere il controllo della situazione.
“Un ponte aereo tra la Francia e il territorio consentirà l’invio rapido di rinforzi di sicurezza interna, civile e militare, nonché di attrezzature per soddisfare i bisogni essenziali della popolazione”, si legge in un comunicato del Governo francese.
Le misure in vigore comprendono il divieto di ogni assembramento nei comuni della Grande Nouméa, il divieto di portare e trasportare armi e divieto di vendita di alcolici e la chiusura dell’aeroporto di La Tontouta ai voli commerciali.