OPEC+. I tagli alla produzione di petrolio fino alla fine del 2023

Meglio i prezzi alti che la quantità. Questo vale soprattutto per la Russia che deve far fronte al cosiddetto “tetto dei prezzi petroliferi”, una parte integrante delle sanzioni occidentali anti russe, e non può aumentare a dismisura il proprio export petrolifero. È uno dei motivi per cui la Russia e l’Arabia Saudita, due dei maggiori Paesi produttori ed esportatori di petrolio al mondo, hanno annunciato che i tagli alle rispettive produzioni già avviati quest’anno resteranno in vigore almeno fino alla fine del 2023.

L’obiettivo è “evitare un calo delle quotazioni del greggio”: dopo i tagli estivi, a settembre il prezzo del petrolio era salito a quasi 98 dollari al barile, per poi scendere di nuovo agli 80-85 dollari al barile. Lunedì, 6 novembre, i futures con la consegna in dicembre, sono stati quotati 81,31 dollari al barile per il WTI Crude e 85,65 dollari per il BRENT.

L’Arabia Saudita, leader di fatto dell’OPEC+, l’organizzazione internazionale che unisce i Paesi produttori di petrolio, sta diminuendo la propria produzione dall’inizio dell’anno seguendo la strategia “preventiva” per mantenere la stabilità del mercato ed evitare un ulteriore calo del prezzo del petrolio. E Riyad ha dunque annunciato che terrà le propria produzione a quota 9 milioni di barili al giorno fino alla fine del 2023, ovvero un milione di barili al giorno in meno rispetto ai risultati registrati nell’analogo periodo del  2022.

Anche la Russia continuerà a rispettare l’intesa con l’Arabia Saudita e ridurrà volontariamente le esportazioni di petrolio e di prodotti petroliferi, per un totale di 300.000 barili al giorno fino alla fine dell’anno. Come ha dichiarato il vice primo ministro della Russia con la delega all’energia, Aleksandr Novak, una decisione su ulteriori parametri verrà presa a dicembre: “La Russia continuerà, fino alla fine di dicembre 2023, un ulteriore taglio volontario di 300.000 barili al giorno nella fornitura di petrolio e di prodotti petroliferi ai mercati mondiali, entrato in vigore a settembre e ottobre 2023. Il mercato sarà analizzato il mese prossimo per decidere se tagliare ulteriormente o aumentare la produzione di petrolio”, ha detto Novak.

Per compensare le eventuali perdite la Russia aumenta le esportazioni di altri prodotti energetici. In particolare l’India è diventata l’acquirente numero uno al mondo della Russia per il carbone fossile. Nel 2022 gli importatori indiani hanno aumentato gli acquisti di carbone fossile russo sia per le generazione elettrica che per la metallurgia di oltre 2,5 volte rispetto all’anno precedente. Al secondo posto si è trovata la Corea del Sud che ha aumentato del 43% le proprie importazioni di carbone fossile russo.