La pace potrà finalmente ritornare anche in Colombia, uno dei Paesi più martoriati dell’America Latina, dove si uccidono ambientalisti, sindacalisti, poliziotti e semplici passanti.
Dopo anni di zoppicanti trattative, il Governo colombiano è riuscito a concordare un cessate il fuoco con uno degli ultimi gruppi guerriglieri del Paese, le temibili EMC-FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia).
L’accordo, che inizialmente dovrà durare per 10 mesi, fa parte di un processo di pace promosso dal presidente colombiano, Gustavo Petro. Le autorità e il popolo della Colombia sperano di arrivare finalmente al disarmo pacifico e totale di tutti i gruppi guerriglieri, ancora attivi in quello che è il secondo Paese più popoloso del Sudamerica (51 milioni di abitanti).
Secondo i media locali “il cessate il fuoco darà il via libera alle trattative di pace per il disarmo permanente, che dovranno iniziare l’8 di ottobre”.
Gli “irriducibili” del gruppo EMC-FARC sono i 3.000 combattenti di estrema sinistra che non hanno voluto aderire all’accordo del 2016 tra Bogotà e le FARC, la principale formazione della guerriglia colombiana.
Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ex attivista del gruppo “rivoluzionario” M-19, conosce i movimenti radicali dall’interno. Prima della tregua con le EMC-FARC aveva concordato lo scorso gennaio un cessate il fuoco con un altro importante gruppo guerrigliero, l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN).
I capi di EMC-FARC sono accusati dal Governo colombiano di “un vasto coinvolgimento in operazioni minerarie illegali che recano danni irreparabili alla natura, ma soprattutto nel traffico di droga”. Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite sulle droghe (UNODC) in Colombia nel 2022 le coltivazioni di coca hanno superato i 230.000 ettari di terreno, mentre la produzione di sostanze stupefacenti cresce di anno in anno ed è arrivata nel 2022 a quota 1.738 tonnellate, ovvero il 24% in più rispetto al 2021.