La testimonianza di Daniele Comboni, missionario nel continente africano, è stata scelta da Papa Francesco per denunciare il "colonialismo economico" che oggi schiavizza il “Continente nero”
Nel corso dell’udienza generale del 20 settembre, Papa Francesco ha lanciato un forte e molto attuale appello al mondo affinché cessi il “colonialismo economico” che oggi schiavizza il continente e combatta una volta per tutte il fenomeno atroce e ripugnante della schiavitù.
Come esempio il Santo Padre ha scelto le testimonianze di Daniele Comboni, missionario e vescovo cattolico italiano, che dedicò tutta la sua vita all’opera cristiana in Africa. Comboni morì a Khartum, la capitale del Sudan, il 10 ottobre del 1881, e fu canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 5 ottobre del 2003.
Papa Francesco ha citato le parole di Comboni che dei popoli africani scrisse così: “Si sono impadroniti del mio cuore che vive soltanto per loro…Morirò con l’Africa sulle mie labbra”. “Lo affermava – ha sottolineato Papa Francesco – in un contesto caratterizzato dall’orrore della schiavitù, di cui era testimone. La schiavitù ‘cosifica’ l’uomo, il cui valore si riduce all’essere utile a qualcuno o a qualcosa”.
Per il Santo Padre “Comboni, alla luce di Cristo, prese consapevolezza del male della schiavitù; capì, inoltre, che la schiavitù sociale si radica in una schiavitù più profonda, quella del cuore, quella del peccato, dalla quale il Signore ci libera”.
Da cristiani, dunque, ha detto Francesco “siamo chiamati a combattere contro ogni forma di schiavitù”. E subito ha notato: “Purtroppo, però, la schiavitù, così come il colonialismo, non è un ricordo del passato, purtroppo. Nell’Africa tanto amata da Comboni, oggi dilaniata da molti conflitti, dopo quello politico, si è scatenato un colonialismo economico, altrettanto schiavizzante”.
Per Papa Francesco “è un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca. Rinnovo dunque il mio appello: Basta soffocare l’Africa, non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare”.
E al termine dell’udienza generale il Papa ha pregato per la pace nel Karabakh: “Ieri mi sono giunte notizie preoccupanti dal Nagorno Karabakh, nel Caucaso meridionale, dove la già critica situazione umanitaria è ora aggravata da ulteriori scontri armati. Rivolgo il mio appello ancora a tutte le parti in causa e alla comunità internazionale affinché – ha rimarcato Francesco – tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana”.