La risoluzione ONU il giorno dopo: cresce rapidamente la tensione Israele - Stati Uniti
Continua a salire di grado la tensione tra Israele e gli Stati Uniti dopo l’approvazione, lunedì 25 marzo, di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per un cessate il fuoco, passata, grazie alla decisiva “astensione” americana dal voto. Dopo l’adozione della risoluzione, il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, ha annullato la visita di una delegazione di alto livello del suo Paese a Washington, che avrebbe dovuto discutere di “soluzioni alternative” a un’invasione alla città di Rafah, a sud della Striscia di Gaza, dove si trovano circa 1,5 milioni di palestinesi sfollati.
Gli Stati Uniti hanno espresso perplessità per l’annullamento della visita a Washington di una delegazione israeliana, in risposta alla posizione “neutrale” degli USA durante il voto. Il giorno successivo (martedì, 26 marzo per chi legge) praticamente tutti i giornali israeliani hanno dedicato le aperture delle prime pagine a questa crisi senza precedenti tra gli USA e lo Stato ebraico, che i media israeliani hanno subito personificato come “crisi politica” – c’è chi parla di un braccio di ferro – tra il primo ministro, Netanyahu, e l’amministrazione del presidente Joe Biden.
Anche l’opinione pubblica israeliana si è divisa in due: le forze politiche di destra si sono schierate dalla parte del premier israeliano, che ha subito dichiarato che non ci sarà alcun tipo di “cessate il fuoco” da parte di Israele, mentre i partiti dell’opposizione hanno sottolineato quanto la politica del premier Netanyahu “abbia messo in una situazione difficile Israele nei confronti degli Stati Uniti, il principale alleato di Tel Aviv”.
Il testo della risoluzione del Consiglio di sicurezza ha chiesto un “cessate il fuoco immediato per il mese sacro del Ramadan” e il “rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi rimasti detenuti a Gaza” dopo l’attacco di Hamas in Israele del 7 ottobre scorso. La risoluzione ha sottolineato inoltre “l’urgente necessità di espandere il flusso di assistenza umanitaria e rafforzare la protezione dei civili nell’intera Striscia di Gaza”. Il testo ha infine ribadito la richiesta di “eliminare tutte le barriere alla fornitura di assistenza umanitaria su larga scala”.
Dopo quattro tentativi falliti, il testo, sostenuto da 14 Paesi (Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Algeria, Ecuador, Guyana, Giappone, Malta, Mozambico, Corea del Sud, Sierra Leone, Slovenia e Svizzera), è passato dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di “astenersi e non esercitare il proprio diritto di veto”.