Si sgonfiano i “paradisi fiscali”

Anche gli straricchi Paesi del Golfo Persico cominciano a tassare le imprese multinazionali

Le imprese multinazionali che operano in Bahrein dovranno pagare un’imposta del 15% sui profitti generati all’interno di questo Regno del Golfo Persico, qualora i loro ricavi globali dovessero superare gli 830 milioni di dollari (750 milioni di euro) all’anno. Il giro di vite nell’ex “paradiso fiscale” è stato annunciato dall’Ufficio nazionale delle entrate del Bahrein in base a un decreto legge, che era stato varato in precedenza. Come hanno sottolineato le autorità finanziarie del Bahrein, il nuovo quadro fiscale, con effetto dal 1° gennaio del 2025, “si adeguerà alle linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), rafforzando l’impegno del Bahrein verso l’equità e la trasparenza economica globale”.

Intanto in vista di una possibile super crisi finanziaria, ipotizzata per il 2025 da molti esperti internazionali, i Governi del mondo cominciano man mano a rinunciare alle proprie promesse pre-elettorali di agevolazioni finanziarie e fiscali di vario tipo. In un recente rapporto la Banca centrale della Russia (Tsentrobank) ha scritto di aspettarsi una crisi finanziaria globale, che “potrebbe colpire il mondo nel 2025-2027 e che sarebbe paragonabile ai drammatici eventi durante la crisi del 2007-2008”.

Le ricette per batter cassa sono semplici e tradizionali: aumentare sia le tasse che l’età pensionabile.

In particolare il Governo dei Paesi Bassi “potrebbe rinunciare ai tagli fiscali da 4,5 miliardi di euro promessi nei mesi scorsi”. Per i “mesi scorsi” s’intendo le promesse a valanga fatte durante la campagna per le elezioni al Parlamento europeo del giugno 2024. Come ha dichiarato ai media “una fonte molto ben informata dell’esecutivo olandese”, non sono disponibili i fondi sufficienti per tale misura. Inoltre, invece di aumentare i “benefit” sociali del 2,1% – un’altra promessa fatta prima delle elezioni europee – ci si limiterà nella migliore delle ipotesi all’1% al massimo.

Anche al di fuori della “martoriata” Unione europea, che dopo la rinuncia al gas russo si sta sprofondando in una pericolosa recessione, i vertici del Regno Unito stanno lavorando di fantasia per riempire di denaro le casse statali. E “here we go”: in un nuovo rapporto la London School of Economics (LSE) ha proposto di “innalzare l’età pensionabile a 68 anni il prima possibile” per aumentare i fondi destinati alle forze dell’ordine e alla medicina. Secondo uno degli autori del documento, Richard Layard, economista e membro laburista della Camera dei Lord, “tale misura comporterebbe un risparmio di 6,1 miliardi di sterline (circa 8 miliardi di dollari) per le casse pubbliche.

Ma ci sono anche alcune buone notizie: dopo aver bloccato l’invio di armi a Israele, il ministro della Difesa britannico, John Healey, ha suggerito che “alcuni progetti di difesa siano eliminati come parte degli sforzi del Partito laborista per riparare le finanze pubbliche”. Come ha scritto il quotidiano britannico “The Telegraph”, Healey ha sottolineato che ci sarebbero state “scelte difficili” riguardo la spesa pubblica e che ciò avrebbe incluso anche le forze armate, aggiungendo che il ministero della Difesa “farà la sua parte” per aiutare a pareggiare i conti.