Spagna, il parlamento approva l’amnistia per gli indipendentisti catalani

Questa legge è fondamentale perché il governo del socialista Sanchez possa governare

La legge di amnistia in Catalogna è passato al Parlamento spagnolo con 178 voti a favore e 172 contrari. Su questa legge si basa il supporto al governo di Pedro Sanchez, che a novembre 2023, quasi quattro mesi dopo le elezioni, aveva trovato un accordo con i separatisti catalani e i numeri necessari a creare un esecutivo. Le elezioni erano state vinte dal Partito popolare di Núñez Feijóo che tuttavia non era riuscito a creare un Governo.

A favore hanno votato gli esponenti del PSOE (il partito di Sanchez), promotore della legge, Sumar, i partiti nazionalisti baschi (PNV e Bildu) e quelli catalani (ERC e Junts por Catalunya). La legge, che ha visto contrarie la formazione di centro destra (PP) e destra (Vox) e il partito regionalista navarro (UPN), prevede l’amnistia per gli indipendentisti implicati nei processi che sono seguiti al referendum – non autorizzato da Madrid – per la secessione della Catalogna e i seguenti disordini del 2017.

Si tratta di un tema estremamente delicato in Spagna, con anche alcuni esponenti di sinistra, oltre ai partiti di centro destra e alla magistratura che sono contrari all’amnistia per un referendum che mirava a colpire la costituzione spagnola. Anche la maggioranza della popolazione non sarebbe a favore di questa legge.

Quella approvata è la seconda proposta di legge sulla questione, la prima era stata affossata dalla stessa formazione di Junts por Catalunya perché il PSOE aveva rigettato alcuni emendamenti proposti.
La legge prevede l’amnistia per oltre 300 attivisti indipendentisti accusati di vari reati e per far rientrare e rendere nuovamente candidabile il leader di Junts por Catalunya, Carles Puidgemont, l’organizzatore del referendum del 2017 che vive ora in esilio in Belgio.

Ora la palla passa al Senato dove il PP ha la maggioranza assoluta, poi verosimilmente si dovrà dalla Corte Costituzionale e si potrebbe arrivare fino alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Insomma, il processo è ancora lungo.