Siglato un accordo tra il PSOE e Sumar, formazione in cui è confluito il movimento Podemos, ma per governare il premier designato ha bisogno dei voti degli indipendentisti catalani.
Il Partito Socialista spagnolo (PSOE) e il movimento politico Sumar hanno annunciato di aver trovato un accordo programmatico per formare un “governo di coalizione progressista” guidato da Pedro Sanchez.
La definizioni degli ultimi dettagli dell’accordo è stata avvenuta oggi al termine di un incontro tra Sánchez e il presidente di Sumar Yolanda Díaz, rispettivamente Presidente del Governo spagnolo e ministro del Lavoro dell’attuale esecutivo. Tra i punti su cui è stato siglato il patto c’è il passaggio alla settimana lavorativa da 37,5 ore (dalle attuali 40) e tutta una serie di misure di carattere sociale.
“Oggi è un giorno importante, presentiamo un accordo che non è solo un accordo di governo. È un accordo per i cittadini e un impegno per il Paese. Questo accordo non è del PSOE o del Sumar. È loro, è vostro. È loro, è vostro. È per una vita migliore”, ha spiegato Díaz come riportato da El Pais, mentre Sanchez ha sottolineato che l’obiettivo dell’accordo è quello di “offrire stabilità, progresso e convivenza. Saremo qui per altri quattro anni”.
Il PSOE di Sanchez era stato sconfitto nell’ultima tornata elettorale, tenutasi lo scorso 23 luglio, dal PPE (Partito popolare) di Alberto Núñez Feijòo che aveva conquistato 136 seggi contro i 122 dei socialisti. La coalizione con la formazione politica di destra VOX non aveva tuttavia i numeri per governare. Così, dopo alcuni vani tentativi falliti da parte di Feijòo di formare un esecutivo di centro destra, il re aveva dato l’incarico a Sanchez.
Ora l’accordo tra PSOE e Sumar segna una svolta anche se per governare questa formazione di sinistra ha bisogno dei volti di alcuni altri partiti tra cui gli indipendentisti catalani di Esquerra Repubblicana e di Junts per Catalunya, formazioni con cui è storicamente difficile trattare. Sanchez ha poco più di un mese di tempo prima che il re Felipe VI proclami nuove elezioni.