Continuano in Sudan gli scontri tra l’esercito e le forze paramilitari di supporto rapido (RSF) che hanno portato a devastazioni nella capitale Khartoum e scatenato attacchi a sfondo etnico nel Darfur. Tutto è iniziato lo scorso 15 aprile quando due generali, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, presidente del Paese e capo delle forze armate (SAF) e Mohamed Hamdan Dagalo, a guida dell’RSF, sono entrati in conflitto.
Dall’inizio del conflitto, si stimano 4000 morti e 4 milioni di sfollati. Lo ha spiegato Volker Türk l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani cha ha parlato di un’udienza inaudita che sta travolgendo case, scuole, ospedali e altri servizi essenziali.
Stabilire un numero esatto delle vittime è difficile ma “le cifre provvisorie indicano che più di 4’000 persone sono state finora uccise, tra cui centinaia di civili. Questi includono 28 operatori umanitari e sanitari e 435 bambini. Si ritiene che il numero effettivo di vittime sia molto più alto”, ha spiegato Türk. Enorme è anche il numero dei rifugiati: oltre un milione di sudanesi sono fuggiti verso gli Stati confinanti.
All’interno del Paese le scorte di cibo sono ai minimi e si muore anche per la mancanza di assistenza sanitaria: secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’80% degli ospedali non è operativo e nelle zone più difficilmente raggiungibili a causa degli scontri in atto sono stati segnalati focolai di colera e morbillo.
La situazione è esacerbata dai continui blackout e dalle forti piogge stagionali che oltre ad aver danneggiato le abitazioni di oltre 13.500 persone, aumentano. In questa situazione apocalittica anche le organizzazioni umanitarie faticano a fornire aiuti a causa dei continui saccheggi e dello stato di perenne insicurezza.