Colpite Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania e Slovacchia e a Budapest si attende ancora la piena del Danubio
Sale a 18 il numero delle vittime causate dalla tempesta che si è abbattuta sull’Europa centrale.
Sarebbe la perturbazione più intensa negli ultimi 30 anni nella zona che ha portato all’esondazine di corsi d’acqua, a dighe saltate e portato all’interruzione della fornitura di energia elettrica.
Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania e Slovacchia sono i Paesi colpiti dalla tempesta a partire da venerdì 13 settembre che è stata denominata Boris e che non è ancora finita. Tutti hanno chiesto lo stato di calamità naturale con centinaia di migliaia di case senza elettricità né acqua, mentre la vabilità in molte zone è difficoltosa per le strade interrotte. In Romania 7 persone sono annegate, in Polonia 5, in Repubblica Ceca 4 mentre sono 2 le vittime in Austria, tra cui un pompiere. Nel 2002 un’inondazione nelle stesse zone aveva causato 200 vittime; “Si vede che abbiamo imparato le lezioni del passato”, ha commentato il presidente della Repubblica ceca Petr Pavel.
E nell’Europa centrale l’allerta maltempo resta elevata mentre inizia la conta dei danni: 12 dighe sono state danneggiate seriamente in Austria e 13 comuni sono ancora isolati mentre si attende una seconda ondata di maltempo e la metropolitana di Vienna funziona solo parzialmente. In Polonia il primo ministro Donald Tusk ha annunciato un aiuto immediato di un miliardo di zloty (235 milioni di euro circa). In Romania la zona più colpita è quella la provincia di Galati. Intanto in Ungheria si attende la piena del Danubio che dovrebbe arrivare alla fine della settimana secondo quanto dichiarato dall’organismo di Gestione delle Acque del Paese: il primo ministro ungherese Viktor Orban ha rinviato gli impegni internazionali