I prezzi in Turchia continuano a correre anche dopo le elezioni presidenziali, vinte nel secondo turno il 28 maggio scorso ancora una volta da Recep Tayyip Erdogan. Nel mese di maggio il carovita ha totalizzato su base annua circa il 40%, un dato impensabile né per l’Italia, né per qualsiasi altra economia occidentale.
In base alle ultime analisi del Bureau delle statistiche della Turchia, la crescita più alta nel giro dell’anno (maggio 2022 – maggio 2023) è stata registrata nella ristorazione pubblica e nell’industria alberghiera (+70%). Più o meno gli stessi aumenti sono stai registrati nella medicina turca.
Intanto il Gruppo indipendente per l’analisi dell’inflazione in Turchia (EnaGrup) ha smentito categoricamente i dati governativi, pubblicando un’analisi propria, secondo cui il tasso d’inflazione su base annua sarebbe non del 40% “bensì del 109,01%, mentre in un solo mese di maggio la corsa dei prezzi al consumo sarebbe stata del 7,35%” (+0,04% per il Bureau TÜİK).
All’inflazione si affianca il tasso di disoccupazione che negli ultimi mesi gira intorno a quota del 10 per cento.
Ciononostante l’economia turca sembra in grado di abbastanza bene questi colpi. Dopo la vittoria, il presidente Erdogan ha promesso di rivedere le politiche economiche e finanziarie di Ankara. La politica monetaria non ortodossa a bassi tassi di interesse del Presidente Erdogan e la conseguente crisi valutaria in Turchia, tutti questi fattori avevano spinto l’inflazione ad un picco dell’85,5% nel mese di ottobre 2022.
Il tasso di cambio della lira turca è sceso a un nuovo minimo storico rispetto al dollaro le cui quotazioni sul mercato Forex il 7 giugno 2023 sono aumentate ancora dell’8%, salendo a quota 23,2743 lire per dollaro.
Nell’ultimo anno, il tasso del cambio della lira ha lasciato sul terreno oltre il 30 per cento. Come scrive oggi l’agenzia “Bloomberg” “i creditori statali hanno sospeso momentaneamente le vendite dei dollari per aiutare il tasso di cambio della lira a reggere almeno un po’”. Per gli analisti turchi e internazionali “si potrebbe trattare di un segnale, secondo cui la squadra economica e finanziaria del nuovo Governo turco stia abbandonando la criticata politica dei costosi interventi valutari per sostenere il tasso di cambio della lira”.
Allo stesso tempo, la decisione del presidente eletto, Recep Tayyip Erdogan, di nominare Mehmet Shimshek, ex stratega di Merrill Lynch, alla carica di ministro delle Finanze e a Capo del Tesoro “ha suscitato speranze di un ritorno a una politica economica più ortodossa che prevede una riduzione delle ingerenze del Governo nelle attività dei mercati”.
Gli interessi dell’Italia in Turchia: un business da 25 miliardi
L’Italia tradizionalmente considera la Turchia “uno dei suoi partner strategici” nel sud-est dell’Europa. Secondo l’Ambasciata d’Italia ad Ankara “i rapporti economico-commerciali tra Italia e Turchia sono di ottimo livello come testimoniato dal fatto che l’Italia si colloca sempre ai primi posti tra i principali partner del Paese”. La Turchia è il primo partner commerciale dell’Italia nell’area del Mediterraneo con un interscambio stabile e bilanciato che, in media, si attesta oramai con regolarità su oltre 20-25 miliardi di dollari l’anno.
Secondo i dati diffusi dall’Agenzia ITA-ICE di Istanbul, nel 2022 il commercio estero dell’Italia con la Turchia ha segnato un incremento del 14,8% rispetto all’anno precedente, collocando l’Italia al 5° posto tra i maggiori partner commerciali con 26,4 miliardi di dollari di interscambio totale. In ambito della Ue, l’Italia si piazza dunque al secondo posto, preceduta dalla Germania (45,2 miliardi di merci e servizi scambiati) e prima della Francia. Nel 2022, le esportazioni italiane hanno raggiunto i 14,1 miliardi dollari con un incremento pari al 21,8% rispetto al 2021, dato che colloca il nostro Paese al 6° posto tra i principali fornitori della Turchia preceduti da Russia, Cina. Germania, Svizzera, che ha scavalcato gli Stati Uniti al 5° posto.
L’Italia si mantiene invece stabile quale 5° cliente della Turchia dopo Germania, Svizzera, Stati Uniti Iraq e Regno Unito con 12,3 miliardi di beni e servizi acquistati per un incremento pari al 7,7% rispetto al 2021. Dopo un primo semestre del 2022 che aveva visto distribuire equamente vendite e acquisti tra i due Paesi con un saldo pressoché equilibrato, al 31 dicembre 2022 si è registrato un saldo negativo per la Turchia di 1,7 miliardi (in aumento rispetto al 2021).
La dinamica dell’export italiano nel 2022 è stata trainata dalle vendite di combustibili e oli minerali (+109,4% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno) e da quelle della voce merceologica “metalli e pietre preziose” (+191,7%) e, in misura meno marcata, dalle nostre esportazioni di ferro e acciaio (+47,2%). È risultato in diminuzione solo l’export di prodotti farmaceutici (-9,7%). Le principali voci del nostro export nel periodo in osservazione restano quelle tradizionali dei “macchinari e apparecchiature meccaniche” che hanno superato per la prima volta la soglia dei 3 miliardi di dollari. La prima voce dell’import italiano dalla Turchia resta invece quella degli “autoveicoli, trattori e parti di ricambio” con oltre 2 miliardi di euro.