Dopo quella relativa alle auto elettriche, una nuova indagine dell’Unione europea riguarda la Cina. Si tratta in questo caso degli appalti per i dispositivi medici, con un’indagine aperta nell’ambito dello Strumento per gli appalti internazionali (IPI), adottato nel giugno 2022 per contribuire ad aprire i mercati esteri degli appalti alle aziende europee. Una mossa che rischia di aumentare ulteriormente la tensione tra Pechino e l’istituzione europea. Dalla Cina sono infatti arrivate dichiarazioni che definiscono “atti protezionistici” quelli di Bruxelles, che vanno a minare l’ambiente competitivo.
Ma un giusto ambiente competitivo è quanto reclama anche l’UE attraverso le dichiarazioni dei suoi portavoce raccolte dall’ANSA: “L’obiettivo finale sempre la parità di condizioni. La nostra aspettativa è che il mercato cinese degli appalti pubblici sia aperto per noi tanto quanto il nostro lo è per loro”, spiegando anche che l’obiettivo è il dialogo e solo se questo non dovesse andare a buon fine si valuterebbero “opzioni alternative”.
L’indagine è stata presentata sulla Gazzetta ufficiale Ue e si fa riferimento in particolare all’articolo 10 della legge sugli appalti pubblici della Repubblica popolare cinese, ovvero la politica “Buy China” che sostanzialmente stabilisce che gli enti pubblici debbano acquistare beni e servizi da fornitori nazionali salvo poche eccezioni. Bruxelles teme anche che siano imposte restrizioni alle importazioni e condizioni che sostanzialmente siano insostenibili per le aziende orientate al profitto.
Le misure adottate da Pechino “creano uno svantaggio significativo e sistemico per gli operatori economici, i beni e i servizi dell’Unione, in quanto favoriscono sistematicamente l’acquisto di prodotti nazionali a scapito di quelli importati o rendono soggetta a procedure discriminatorie la partecipazione degli operatori economici dell’Unione agli appalti”, si legge nel documento della UE.