Ma è stata dura: inizialmente tre parlamentari repubblicani hanno sostenuto un altro candidato. Il voto su Johnson è visto come “un’anticipazione dei problemi” che Donald Trump potrebbe avere al Congresso
In fin dei conti Mike Johnson (nella foto) è stato rieletto speaker della Camera dei deputati al Congresso degli Stati Uniti. Ma è stata veramente dura: dopo un primo scrutinio che aveva visto il candidato repubblicano della Louisiana e uno dei più stretti alleati del presidente eletto, Donald Trump, mancare di poco il quorum dopo il cosiddetto “role call”, ovvero la chiamata individuale di tutti i deputati perché esprimessero la loro scelta, la procedura è stata sospesa per alcune ore. E questo perché per tradizione per l’elezione del presidente della Camera al Congresso USA non si vota a scrutinio segreto.
Una sgradevole sorpresa per Johnson non si è fatta attendere: tre legislatori del suo stesso partito Repubblicano hanno inizialmente sostenuto un altro candidato. Dopo una sospensione delle votazioni e alcuni negoziati molto tesi, due di loro – Ralph Norman and Keith Self – hanno cambiato il loro voto, sbloccando la situazione: Johnson è stato riconfermato come “speaker”, ma con un “surplus” veramente minimo di 218 voti favorevoli contro 215 voti contrari.
Come scrive sabato, 4 gennaio, la stampa di Washington “Johnson era sostenuto da Donald Trump ed Elon Musk, ma vista la debole maggioranza repubblicana nella Camera bassa del Congresso, per evitare brutte sorprese lo speaker uscente aveva bisogno di avere dietro di sé un partito compatto”. Per essere rieletto, Johnson ha dovuto lavorare di fantasia, per riconvertire i “dissidenti” repubblicani: una semplice procedura di routine ha assunto al Campidoglio di Washington le proporzioni di in un “dramma” politico vero e proprio.
Secondo il quotidiano “Washington Post” il voto su Johnson “è visto come un’anticipazione dei problemi che Trump potrebbe avere al Congresso durante il suo secondo mandato, con una parte degli eletti repubblicani”.
E a pochi giorni dalla cerimonia di insediamento ufficiale di Trump alla Casa Bianca, in programma per il 20 gennaio prossimo, i problemi e i “dispetti” di vario tipo per Trump di certo non mancano. Per decreto del presidente uscente, Joe Biden, durante l’Inauguration Day in tutto il Paese le bandiere a stelle e strisce rimarranno abbassate a mezz’asta, formalmente “in segno di lutto per la scomparsa dell’ex presidente statunitense e Nobel per la pace, Jimmy Carter”, morto il 29 dicembre scorso.
Inoltre con molta probabilità, Trump si insedierà alla Casa Bianca da presidente condannato penalmente. E questo perché Juan Merchan, il giudice del caso legato alla pornostar Stormy Daniels, ha deciso che per il presidente eletto “deve essere emessa la sentenza, dopo che in maggio una giuria lo ha ritenuto colpevole di tutti i 34 capi di imputazione”. E Merchan ha fissato come data il 10 gennaio, dieci giorni prima del giuramento di Trump da capo dello Stato.