Dopo 22 giorni di paralisi e 3 candidati “bruciati” la Camera dei rappresentanti statunitense ha un nuovo speaker. È Mike Johnson, ultraconservatore e cristiano evangelico, molto vicino a Donald Trump.
I repubblicani hanno eletto all’unanimità il 51 enne, deputato della Louisiana dal 2016, che è “passato” con 220 voti, mentre il rappresentate sostenuto dai democratici, Hakeem Jeffries, ne ha ottenuti 209.
Si chiudono così settimane di caos politico che ha visto tre repubblicani: Steve Scalise, Jim Jordan e Tom Emmert cercare di ottenere i consensi necessari dopo che lo scorso 3 ottobre Kevin McCarthy era stato sfiduciato a causa di un gruppo di “ribelli” del suo stesso partito, furiosi perché aveva permesso che fosse evitato lo shutdown prorogando i finanziamenti al governo fino a novembre. Per 22 giorni la camera è stata sostanzialmente paralizzata con la frangia più estremista dei repubblicani che rifiutava i candidati più moderati e l’ala più moderata che rifiutava i candidati più oltranzisti.
Johnson ha affidato a X le sue prime dichiarazioni: “È l’onore di una vita essere stato eletto 56° Presidente della Camera. Sono state settimane difficili, che ci hanno ricordato che la Camera è complicata e diversa come le persone che rappresentiamo. L’urgenza di questo momento richiede un’azione coraggiosa e decisiva per ripristinare la fiducia, portare avanti le nostre priorità legislative e dimostrare il buon governo. (…) Porteremo avanti un programma politico conservatore completo, combatteremo le politiche dannose dell’amministrazione Biden e sosterremo i nostri alleati all’estero. E restituiremo la sanità mentale a un governo che ne ha disperatamente bisogno. Torniamo al lavoro”.
L’ex presidente Donald Trump ha spiegato di aver contribuito all’elezione di Johnson: “Sarà un grande presidente della Camera e siamo stati molto felici di aiutarlo». Nel discorso alla Camera Johnson ha dichiarato che la prima proposta di legge sarà finalizzata ad appoggiare Israele, mentre non ha citato l’Ucraina. Lui stesso in passato si era opposto agli aiuti a Kiev.