USA: Trump propone dazi proibitivi su importazioni dalla Cina

Taiwan annuncia che sosterrà le sue aziende che decideranno di trasferire le proprie produzioni dalla Cina in altri Paesi. Analisti: la decisione potrebbe significare la fine dell’indipendenza di Taiwan.

Il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, ha proposto d’imporre dazi del 60% sulle importazioni dalla Cina. Ma la proposta di Trump riguarda non solo la seconda maggiore economia mondiale, ma anche gli alleati tra cui Taiwan, le cui esportazioni verso gli USA potrebbero essere soggette ai dazi aggiuntivi del 20 per cento.

La proposta di Trump d’imporre dazi proibitivi sulle importazioni cinesi e taiwanesi potrebbe avere “un impatto molto negativo sugli imprenditori taiwanesi in Cina”, ha detto il ministro dell’Economia taiwanese, Kuo Jyh-huei, secondo cui “il Governo di Taiwan sosterrà le sue aziende in Cina nel trasferire altrove le loro produzioni e fornirà assistenza il prima possibile affinché trasferiscano via dalla Cina le loro basi di produzione”.

Gli Stati Uniti offrono notevoli agevolazioni alle aziende straniere che trasferiscono le proprie produzioni sul suolo americano, creando enormi problemi per le economie di molti Paesi del mondo e in primo luogo a quelle dell’Europa Occidentale. Dopo l’escalation delle tensioni con la Cina, i produttori taiwanesi di microelettronica stanno trasferendo le proprie fabbriche in India, in Vietnam, ma soprattutto negli Stati Uniti, dove la prima fabbrica dei cosiddetti “wafer da 12 pollici” della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) dovrà avviare la produzione in Arizona dei chip da quattro nanometri già tra meno di un mese.

Come scrive il quotidiano taiwanese “United Daily News” alla cerimonia d’apertura della fabbrica, in programma per il 6 dicembre prossimo, dovrebbero partecipare il fondatore della TSMC, Morris Chang, e gli amministratori delegati dei più importanti clienti dell’azienda, tra cui Nvidia (Jensen Huang) e AMD (Lisa Su). Dopo aver sperimentato per tre anni la produzione di microchip a quattro nanometri, nel 2028 in Arizona dovrà essere avviata la produzione di microchip rivoluzionari a tre nanometri.

Molti analisti taiwanesi e internazionali hanno detto però di essere seriamente preoccupati dal processo di trasferimento delle produzioni innovative e tecnologiche via dall’isola. Secondo il politologo Wu Rwei-fung, “potrà arrivare il momento, quando senza le sue produzioni avanzate Taiwan non interesserà più niente a nessuno dopodiché l’isola sarà ‘regalato’ alla Cina”.

Di recente il gigante di microelettronica TSMC è entrato in rotta di collisione con Pechino, dopo aver comunicato a diversi clienti cinesi che “sospenderà la produzione di chip per l’intelligenza artificiale (IA) e il calcolo ad alte prestazioni loro destinata”. Come scrive il quotidiano giapponese “Nikkei” la TSMC ha deciso di “intensificare gli sforzi per garantire il rispetto dei controlli sulle esportazioni imposti dagli Stati Uniti”.

“I clienti cinesi colpiti dalla decisione dell’azienda di Taiwan sono quelli che lavorano su applicazioni di calcolo ad alte prestazioni, unità di elaborazione grafica (GPU) e applicazioni legate al calcolo dell’intelligenza artificiale, utilizzando tecnologie di produzione di chip a 7 nanometri o superiori, ma non quelli che producono chip per dispositivi mobili, comunicazione e connettività con quella tecnologia”, hanno precisato le fonti della TSMC.