Le scelte di Macron sulla guerra in Ucraina e a Gaza hanno messo alle spalle la lunga tradizione gollista. Allineata sulle posizioni atlantiste e occidentaliste la Francia risulta meno rilevante. Perdendo posizioni, a cominciare dal Sud Globale
Se la Storia è un fiume che cambia direzione a seconda degli ostacoli che incontra è anche vero che il suo sviluppo avviene per svolte. In alcuni casi impercettibili, in altri traumatici. Spesso evolvendo dal primo stadio al secondo. Gli specialisti si accaniscono nel cercare le cause primigenie di questi sommovimenti ma riescono nell’intento, quasi sempre, molto tempo dopo. In questo frangente del XXI secolo l’esegesi sembra più agevole. E il motivo è relativamente semplice: il mondo bipolare emerso alla fine della seconda guerra mondiale sulla traccia della Conferenza di Yalta, ha cominciato a modificarsi molto prima della caduta del Muro di Berlino e della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Philippe Devillers individuava nella Conferenza di Helsinki del 1975 la fine dell’equilibrio tra gli ex alleati vincitori contro il nazismo. Con Mosca che capitolava su tre principi che l’avrebbero messa in condizione di inferiorità rispetto all’Occidente: inviolabilità delle frontiere, libera circolazione delle idee e delle informazioni, libertà di movimento delle persone.
La forza catalizzatrice del modello euro-atlantico sarebbe andata, da lì in avanti, a logorare la capacità attrattiva dell’Urss, facendo progressivamente regredire il suo appeal nei confronti del mondo che al modello sovietico aveva guardato per convinzione o per convenienza.
Seguirono gli anni del progressivo sviluppo dell’egemonia americana. Che poté godere di una lunga parentesi favorevole della Storia per mettere le basi per un secondo ‘Secolo americano’. Una parentesi, non di più, perché già all’indomani del crollo dell’Urss un analista ultra sofisticato come Zbigniew Brzezinski, ex consigliere del presidente Carter, coglieva la tendenza della crescita in corso a Oriente. Dei tre primati detenuti dagli Stati Uniti – militare, economico e morale – sosteneva infatti che nel giro di 20-30 anni gli Stati Uniti avrebbero mantenuto solo quello militare. Lo sviluppo della Cina era appena avviato ma la sua potenzialità era già stata colta.
Al compimento del primo quarto del secolo attuale un’altra svolta viene preannunciata. E riguarda i rapporti tra Nord e Sud, ovvero tra Occidente collettivo e Sud Globale. La affronta Jean de Gliniasty elaborando diverse analisi che fanno perno sul ruolo francese. Parigi, scrive su Le Monde diplomatique de Gliniasty, avrebbe potuto cogliere l’evoluzione in corso nelle relazioni internazionali per valorizzare il suo ruolo storico, in Europa e nel Medio oriente allargato. I sintomi di un mutamento di scenario e di rapporti di forza – è la tesi dell’ex ambasciatore francese a Mosca – avrebbero consentito a Macron di posizionare in maniera vantaggiosa la Francia. In un quadro generale che vede minata la superiorità militare dell’Occidente (citati i casi di Gaza e le minacce concrete degli Houti yemeniti sul commercio mondiale), ridotta la sua capacità di condizionare il corso economico di avversari e nemici con una quantità senza precedenti di sanzioni (dalla Russia alla Cina, dal Venezuela all’Iran) e alle prese con un ridimensionamento progressivo del suo peso economico nel paniere globale a favore del mondo che fa capo ai Brics, la tendenza dell’Occidente euro-atlantico non rappresenta un valore aggiunto per Parigi ma un freno. Si potrebbe dire la stessa cosa, più in generale, per l’Europa.
Il primato che Macron avrebbe potuto riconquistare mantenendo lo spirito gollista si è perso alle prime battute della nuova sceneggiatura che la Storia sta imponendo. Bellicista contro la Russia, appiattita sulla linea israeliana nella guerra contro Hamas, estraniata dal dialogo con l’Iran che l’aveva vista protagonista negli anni passati, la linea di politica estera di Macron vive di cortocircuiti. Unico ancoraggio alla stagione precedente, di cui lo stesso Macron è stato artefice, resta la prudente posizione mantenuta con la Cina di Xi, appena riconfermata. Si tratta del solo elemento che distanzia Parigi dalla linea ‘occidentalista’ che rischia di far perdere alla Francia, dopo il fallimento in Africa con l’umiliante ritirata dal Sahel, l’occasione offerta dalla Storia a una potenza regionale, dotata di arma nucleare, nel momento in cui il mondo si sta frammentando in diversi poli di potere: quello di poter contare.