Dopo anni di irriducibili rivendicazioni il presidente ucraino Zelenski ammette la possibilità di rinunciare alla penisola. Un cambio di rotta sorprendente e al tempo stesso tardivo. Che arriva quando le sorti della guerra con la Russia appaiono segnate
“L’Ucraina non può permettersi di perdere decine di migliaia di vite per reclamare la Crimea, ma la penisola potrebbe essere restituita attraverso la diplomazia”, ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un’intervista a Fox News del 20 novembre.
Queste parole rappresentano per Kiev un cambio di rotta molto significativo vista l’importanza decisiva della Crimea nel conflitto russo-ucraino. L’annessione di questa regione da parte di Mosca nel marzo del 2014 – in seguito ad un referendum giuridicamente contestato, ma dall’esito molto chiaro – ha avuto infatti un’importanza fondamentale nell’approfondire la rottura della Russia con l’Ucraina e l’Occidente. Fu allora che la Russia venne espulsa dal G8 e colpita da sanzioni economiche di notevole portata, anche se inferiori a quelle poi imposte nel 2022.
L’annessione della regione fu percepita dalla grande maggioranza dei russi come la riparazione del torto storico costituito dal trasferimento all’Ucraina da parte di Chruščēv nel 1954 e la riprova della ritrovata centralità politica della Russia nello scenario internazionale. Nei mesi successivi la popolarità di Putin arrivò all’89%, il massimo mai raggiunto.
Dopo l’annessione Mosca ha destinato notevoli finanziamenti alla Crimea, in particolare per risolverne i problemi fondamentali, a partire dalla mancanza di un legame terrestre con la Russia. Di grande importanza da questo punto di vista è stata la rapida costruzione del ponte sullo Stretto di Kerč, aperto al traffico nel maggio 2018 e dotato l’anno seguente anche di una linea ferroviaria. La Crimea ha inoltre assunto un ruolo molto importante nella strategia della Russia, che ha notevolmente rafforzato la flotta del Mar Nero, ampliando la base di Sebastopoli, collocando nella penisola una divisione aerea, sistemi radar sofisticati e sistemi missilistici di ultima generazione. Il possesso della penisola ha in effetti rafforzato notevolmente la posizione della Russia sul Mar Nero, visto come un’area interna alla propria sfera di influenza. La Crimea deve in effetti essere inquadrata in una più ampia proiezione di potenza di Mosca verso l’area Mar Nero-Mediterraneo, dove la Russia ha installato altre strutture militari, in particolare Gudauta in Abkhazia e Tartus in Siria, puntando anche ad averne un’altra in Libia con il sostegno del generale Haftar.
Negli ultimi anni, inoltre, Mosca ha collocato in Crimea consistenti forze militari terrestri, che hanno avuto un ruolo molto rilevante nell’intervento in Ucraina, muovendosi verso Mariupol’ a est e Cherson a nord. Nel corso della guerra, tuttavia, la Crimea si è dimostrata molto vulnerabile agli attacchi ucraini condotti con missili e droni di vario genere. Le basi russe sono state pesantemente danneggiate, come anche il ponte di Kerč. Soprattutto la flotta ha subito duri colpi ed è stata costretta a ripiegare verso porti più lontani, in particolare in quello di Novorossijsk. Gli analisti ucraini ed occidentali hanno insistito molto su questa vulnerabilità, peraltro esagerandone la portata. Se è infatti vero che la Crimea appare oggi meno importante sul piano strategico per il Cremlino di quanto fosse prima della guerra, la sua riconquista militare da parte di Kiev è difficilmente immaginabile vista la netta superiorità militare terrestre di Mosca.
Al tempo stesso, inoltre, questa regione conserva pienamente il suo forte valore storico e culturale per la Russia. La Crimea è stata in effetti un territorio nel quale la dimensione imperiale della Russia si è evidenziata in maniera particolarmente significativa. Sin dalla sua conquista nel 1783, all’epoca di Caterina II, la Crimea ha avuto un ruolo quanto mai importante nella cultura russa, con la nascita di un vero e proprio “mito crimeano”.
Attraverso la conquista della Crimea, che era appartenuta sia pure in modo marginale all’antica Grecia, la Russia poteva infatti rivendicare con forza il suo nuovo ruolo culturale, oltre che politico, di paese europeo. Inoltre, secondo le cronache medievali russe, fu proprio in Crimea, nell’antica città di Chersonesos – situata nei pressi dell’odierna Sebastopoli – che il Gran Principe di Kiev Vladimir divenne cristiano, dando così inizio alla conversione del paese alla nuova religione.
In seguito la Crimea, caratterizzata tra l’altro da una splendida natura mediterranea, è divenuta un luogo centrale dell’immaginario culturale russo al quale hanno partecipato in vario modo Puškin, Tolstoj, Čechov e tanti altri scrittori ed artisti. Non a caso la Crimea era normalmente chiamata la “perla dell’impero”, occupando quindi una posizione assolutamente unica nel contesto culturale russo. Un significato mantenuto sia in epoca sovietica, nonostante il controverso passaggio della regione all’Ucraina nel 1954, sia in quella post-sovietica. Lo stesso non è evidentemente vero per la cultura ucraina, al cui interno la Crimea ha un ruolo decisamente secondario.
Alla fondamentale dimensione culturale si aggiunge il fatto quanto mai importante che circa il 68% della popolazione crimeana sia costituito da russi, superando di gran lunga le locali comunità ucraina (15%) e tatara (10%). Tali dimensioni strategiche, demografiche e culturali fanno della Crimea la regione più irrinunciabile dei territori occupati dalla Russia dal 2014 ad oggi. Probabilmente anche più del Donbass, che ha peraltro risorse minerarie di grande rilevanza. Tutto questo rende ben poco convincenti le parole di Zelensky riguardo alla possibilità dell’Ucraina di recuperare la Crimea per via diplomatica.
In effetti, se la guerra proseguirà con la dinamica favorevole a Mosca che la caratterizza da oltre un anno, molto probabilmente alla sua conclusione la penisola sarà collegata alla Federazione russa non solo dal ponte di Kerč, ma anche dalla fascia costiera acquisita manu militari nel corso del conflitto. Con ogni probabilità questo avverrà in una condizione di mancato riconoscimento giuridico da parte dell’Ucraina e dei paesi occidentali che la sostengono, ma allo stato attuale è obbiettivamente difficile prevedere per la Crimea un futuro al di fuori dalla Russia.