La decisione di portare il paese alle elezioni anticipate per bloccare l'ascesa della destra sovranista si sta rivelando un boomerang. La vittoria del Nuovo Fronte Popolare ha messo Macron in minoranza, la Francia a rischio ingovernabilità e Parigi in condizione di debolezza a livello internazionale
Sotto la Quinta Repubblica la Francia vive una situazione totalmente inedita. Per la prima volta nella sua storia, le elezioni legislative non hanno prodotto una maggioranza assoluta di deputati, né una maggioranza relativa con qualche rappresentante eletto, come tra il 1988 e il 1993, né una maggioranza relativa ancora più piccola, come è avvenuto a partire dal 2022. Per la prima volta, un governo provvisorio gestisce “gli affari correnti” e sarà sicuramente chiamato a farlo ancora per qualche settimana. Questi nuovi sviluppi sconcertano gli attori politici, disturbano i commentatori e suscitano una certa tensione tra i francesi che finora sono stati abituati all’efficacia del loro sistema politico.
Il disordine che vive la Francia ha un responsabile: il presidente Emmanuel Macron. Il 9 giugno, la sera delle elezioni europee, senza attendere la pubblicazione ufficiale dei risultati, è apparso sugli schermi televisivi all’inizio della serata elettorale per annunciare lo scioglimento dell’Assemblea nazionale. Lo stupore fu totale. Ben presto il suo obiettivo divenne più o meno chiaro. Temendo che una mozione di censura potesse rovesciare il governo di Gabriel Attal in autunno, prendendo atto che il partito di centrodestra “Les Républicains” rifiutava di stringere un’alleanza esplicita con i suoi deputati, ha preferito passare all’attacco. Secondo lui, il Rassemlement National (RN) non era pronto per una competizione elettorale che sarebbe durata solo tre settimane, Les Républicains (LR) sarebbero esplosi a causa delle loro differenze interne e i partiti di sinistra – che litigavano costantemente – non sarebbero stati in grado di allearsi. Di conseguenza, i centristi potevano, forse, ottenere la maggioranza assoluta. Invece, a parte una piccola spaccatura all’interno dei LR, il Rassemblement National si è subito messo in ordine di battaglia, la sinistra ha siglato un accordo elettorale e un programma unitario mentre i centristi iniziavano la campagna evitando di dichiararsi per Emmanuel Macron, a causa della sua impopolarità. Questa sequenza elettorale ha risvegliato la passione dei francesi per la politica. Mentre da decenni l’astensione al voto legislativo era in forte aumento, questa volta più del 66% dei francesi si è recato ai seggi elettorali.
Il verdetto delle urne è stata una sconfitta per il Presidente della Repubblica. Voleva una chiarificazione e ha creato una incredibile confusione. Il Rassemblement National è progredito in modo spettacolare. Aveva ottenuto il 31,3% dei voti e raccolto 7 milioni e 700.000 francesi alle elezioni europee: al primo turno delle legislative ha raggiunto il 33% con più di 10 milioni e 600.000 voti. Un record storico. E’ ormai presente su tutto il territorio e, oltre alla consueta base tra gli operai e gli impiegati, ha sfondato in quasi tutte le categorie sociali e in tutte le generazioni. Gli resistono solo gli elettori ad alto reddito, i pensionati con un buon assegno e le persone con un buon livello di istruzione. Si trova però di fronte a un ostacolo: due terzi dei francesi hanno seguito le istruzioni dei partiti che invocavano un “fronte repubblicano” per impedirgli di conquistare la maggioranza assoluta e al suo presidente, Jordan Bardella, di accedere alla funzione di Primo ministro. Marine Le Pen ha ancora molta strada da fare se un giorno vorrà succedere al presidente Macron.
Dopo il secondo turno nessun gruppo può vantare un successo indiscutibile, essendo la maggioranza assoluta fissata a 289 deputati su 577. Les Republicains hanno perso molti deputati, come i centristi, il RN ha 126 eletti contro 88 nel 2022 e la sinistra, grazie al sistema di voto maggioritario a doppio turno, conta il maggior numero di eletti (193). Ha proclamato subito vittoria e ha rivendicato di poter formare un governo. Si è però impantanata in infinite discussioni sulla designazione di un candidato alla carica di primo ministro e sulla strategia da adottare: cercare alleati lasciando da parte alcuni punti divisivi del programma o restare intransigenti, cosa che, di fatto, rende impossibile la formazione di un governo che verrebbe immediatamente rovesciato? Questo testimonia i profondi disaccordi che esistono tra le sue componenti, in particolare tra la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon e il Partito Socialista, che ha migliorato i suoi risultati. La sinistra sperava di ottenere almeno la presidenza dell’Assemblea nazionale ma il presidente uscente, del partito di Macron, pur essendo da lui molto indipendente, è stato riconfermato grazie a un’alleanza con LR. Quanto al RN, non ha ottenuto alcun posto di rilievo nell’Assemblea nazionale, poiché gli altri partiti si sono accordati per ghettizzarlo.
La Francia attraversa quindi una zona di turbolenza. Il governo dimissionario si occupa degli affari correnti nel momento in cui iniziano i Giochi Olimpici. Per il momento nessun altro esecutivo sembra poter essere costituito. Soprattutto perché i principali leader sono ossessionati dalle prossime elezioni presidenziali e agiscono quasi solo in base a questo obiettivo. Una delle ipotesi prevede la formazione di un governo centrista con il sostegno della destra: ciò segnerebbe la morte del macronismo, che voleva superare l’antagonismo tra sinistra e destra. La sinistra è frustrata e rischia di litigare nuovamente. Solo il RN è in una posizione relativamente buona: può presentarsi come vittima dell’accordo raggiunto tra tutti gli altri partiti per emarginarlo. Inoltre, il 51% degli elettori che hanno votato per il RN intendevano sanzionare Macron. Si accorgono che nulla o quasi cambia. Delusione, frustrazione e rabbia sono ampiamente diffuse tra loro.
L’immobilismo e l’incertezza politica si installano mentre si accumulano grandi sfide come, ad esempio, il debito (110% del PIL) e il deficit (5,5%) che influenzeranno il contenuto della legge finanziaria; la perdita di competitività delle imprese; la questione del potere d’acquisto, priorità numero uno per i francesi; o anche la sicurezza, ecc. Infine, il presidente Macron è ora indebolito in Europa e nel mondo, mentre la guerra in Ucraina continua e negli Stati Uniti si profila la vittoria di Donald Trump, il prossimo novembre. Tuttavia, la svalutazione del Presidente non riguarda solo la Francia, ma l’intera Unione Europea.