Dopo quattordici anni di governo i conservatori subiscono la più dura sconfitta della loro storia. A pesare, gli effetti collaterali della Brexit e la pessima prova degli ultimi cinque primi ministri. A Downing street arriva un leader della sinistra moderata
Per mesi, i sondaggi d’opinione davano ai laburisti una vittoria con oltre il 20 punti di distacco. Quindi i risultati delle elezioni britanniche non hanno sorpreso nessuno, nemmeno i conservatori, che hanno subito la sconfitta più grave della loro storia.
E’ opinione diffusa che i conservatori, che hanno vinto nel 2019, meritassero di perdere. Anche il Financial Times (e il popolare quotidiano di destra The Sun) hanno affermato che il Paese ha bisogno di un nuovo inizio: con il Labour. Una serie di primi ministri (cinque in quattordici anni) in un Paese abituato a una leadership stabile non ha aiutato: David Cameron è stato seguito da Theresa May, da Boris Johnson, per soli 45 giorni da Liz Truss e poi da Rishi Sunak. Ognuno di loro ha commesso errori e non ha cambiato la situazione in meglio. Il referendum sulla Brexit di Cameron, vinto di misura dai sostenitori dell’uscita dall’UE, è ora visto come un grave errore di calcolo anche da alcuni ex sostenitori. Le pagliacciate di Boris Johnson possono sembrare divertenti, ma le feste con champagne durante l’epidemia di Covid, quando a tutti veniva detto di restare a casa, difficilmente avrebbero conquistato qualcuno. Inoltre, il costo della vita è salito alle stelle, con i prezzi dei prodotti alimentari più alti di circa il 25% rispetto a due anni fa. Il reddito disponibile reale pro capite non è aumentato dalle elezioni del 2019, rispetto alla crescita annua del 2% dei decenni precedenti. L’economia del Regno Unito ha sofferto più di altri Paesi nell’anno del Covid, con un PIL reale in calo del 9,9%.
Poi è arrivata la profonda crisi che ha colpito il servizio sanitario nazionale, con molti mesi di attesa per interventi chirurgici importanti e settimane per vedere un medico (la lista d’attesa ora supera i sette milioni). Il malcontento pubblico è cresciuto quando le acque reflue sono entrate nella rete idrica, soprattutto nelle prospere contee del sud dove prevalgono gli elettori conservatori. Il mese scorso, a centinaia di famiglie è stato detto di non bere l’acqua del rubinetto in seguito a una perdita di benzina nelle tubature dell’acqua di proprietà della Thames Water. Le società idriche privatizzate hanno risposto lentamente ma hanno immediatamente pagato ingenti somme ai loro azionisti. Inoltre, lo stato delle carceri, che sono gravemente sovraffollate, è scioccante – anche i capi della polizia avvertono che così non si può continuare. La promessa di controllare l’immigrazione non è stata mantenuta, e in ogni caso il controllo dell’immigrazione non dovrebbe essere una priorità: senza infermieri e medici stranieri il Servizio sanitario nazionale crollerebbe immediatamente. Il Paese, come la maggior parte dei Paesi europei, sta invecchiando, le persone vivono più a lungo, quindi il servizio sanitario ha grossi problemi. Le università sono sotto una forte pressione finanziaria, e fanno pagare agli studenti britannici tasse enormi: oltre 9.000 sterline all’anno; gli stranieri pagano di più. Le difficoltà finanziarie affrontate dai venticinquenni di oggi – che spendono un’enorme percentuale del loro reddito in affitto, in gran parte non hanno alcuna speranza di riuscire a trovare una casa e stanno ripagando in media 47.000 sterline di debiti universitari – possono sembrare sminuite dalle sfide che dovranno affrontare i 25enni del 2050, che dovranno anche pagare molte più tasse per garantire qualcosa che assomigli ai livelli attuali di sanità, assistenza e pensioni pubbliche. In una società in cui il tenore di vita sta diminuendo, ridistribuire le risorse è politicamente più difficile. Anche le disuguaglianze intergenerazionali potrebbero peggiorare.
Né i laburisti né i conservatori sanno come gestire la situazione. Starmer ha promesso di non aumentare i prestiti. Ha promesso di non aumentare le tasse. Ha promesso di non tagliare la spesa pubblica. Ma è impossibile aumentare la spesa pubblica senza indebitarsi di più e/o aumentare le tasse. Nessuna delle due parti ha nulla da dire sulla crisi climatica, sull’Ucraina, dal momento che sono tutti d’accordo che sia colpa di Putin, o su Gaza, oltre a definirla una tragedia, ma Israele continuerà a ricevere armi (la maggior parte comunque, proviene dagli Stati Uniti, non dal Regno Unito).
Keir Starmer è fortunato: i suoi oppositori conservatori sono stati a lungo inabili; ha ripulito la sinistra dalle accuse infondate di antisemitismo senza causare grandi disordini interni: moltissimi membri del Partito se ne sono andati disgustati o sono stati espulsi; il Partito Nazionale Scozzese, che una volta aveva strappato molti seggi ai laburisti, si è ritrovato allo sbando dopo due anni di politiche fallimentari e scandali (e tre leader) e ha perso 37 seggi a favore dei laburisti. Tutto ciò che Starmer doveva fare era spostarsi al centro e la sinistra non aveva altra scelta che votare per lui poiché i Verdi erano ancora troppo deboli (anche se hanno guadagnato terreno) – il che potrebbe spiegare la decisione di Starmer di ridurre il tanto pubblicizzato “Green Plan”. Sunak aveva un lavoro molto più difficile. Di fronte alla minaccia del Partito riformista di destra di Nigel Farage, non poteva spostarsi troppo a destra perché avrebbe perso elettori a favore dei liberali e dei laburisti, né troppo a sinistra perché avrebbe perso elettori di destra.
I risultati elettorali hanno dimostrato più che mai quanto sia assurdo il sistema elettorale britannico. Quando ci sono due Partiti e un terzo la cui funzione principale è quella di fungere da punto focale per coloro che non amano nessuno dei due, la stabilità è il prezzo da pagare per la macanza di una reale rappresentanza. Ora la situazione è completamente assurda. I laburisti hanno vinto due terzi dei seggi alla Camera dei Comuni con un terzo dei voti (solo poco più del tanto diffamato Jeremy Corbyn nel 2019 e 6,2 punti in meno di Corbyn nel 2017). In effetti, il Labour ha perso voti. Il Partito laburista ha ricevuto 12,8 milioni di voti nel 2017, 10,2 milioni nel 2019 e 9,6 milioni quest’anno. La quota del Partito nel voto nazionale è aumentata solo leggermente dal 2019 ed è inferiore rispetto al 2017, quando il Partito guidato da Corbyn non riuscì a ottenere la maggioranza. Nella sua stessa circoscrizione elettorale, Starmer ha perso il 17% contro un candidato indipendente filo-palestinese. Quattro sostenitori palestinesi hanno sconfitto i candidati laburisti in altre circoscrizioni elettorali. Nessun Partito politico in Europa ha mai ottenuto una maggioranza così ampia con così pochi voti. La disparità era evidente dato che il Partito Liberale ha ottenuto 72 seggi con meno voti del Partito di Farage, che ha ottenuto solo 5 seggi. Di fatto, il Partito riformista di Farage è oggi il terzo più popolare nel Paese dal punto vista dei voti.
E’ interessante notare che l’affluenza alle urne è diminuita notevolmente rispetto alle ultime elezioni: poco meno del 60%. Si tratta della seconda affluenza più bassa per le elezioni nel Regno Unito dal 1885. I sondaggi d’opinione mostrano che l’insoddisfazione pubblica nei confronti della politica tradizionale ha raggiunto il suo picco (come nel resto d’Europa, diventando una grande delusione). Non sorprende che il 50% abbia un’opinione migliore dell’allenatore nella nazionale di calcio inglese Gareth Southgate che di qualsiasi altro politico britannico. Questa non è stata una vittoria laburista. E’ stata una grave sconfitta per i conservatori.