Una escalation di brutalità sta caratterizzando la vita delle città inglesi. Scatenata da un’ondata xenofoba che contagia anche il nuovo governo laburista. I problemi di un Paese disorientato e impoverito dalla Brexit attribuiti tout-court agli immigrati
Il 29 luglio 2024, a Southport, una cittadina sul mare a nord di Liverpool, tre bambine di 6, 7 e 9 anni sono state pugnalate a morte e altri otto bambini e due adulti sono rimasti feriti. Un giovane uomo è stato arrestato. Ha poco meno di 18 anni, nato in Galles da genitori immigrati dal Ruanda. Immediatamente i gruppi di estrema destra si sono ribellati, hanno ferito agenti di polizia, hanno bruciato auto, hanno fatto irruzione in negozi, hanno picchiato una donna che indossava un hijab con in braccio un bambino e hanno danneggiato negozi musulmani, una biblioteca pubblica e un ostello dove erano ospitati i rifugiati. Credendo erroneamente che il sospettato fosse musulmano, hanno attaccato anche le moschee. I disordini si sono estesi ad altre regioni del Paese: Hull, Liverpool, Leeds, Belfast e Manchester.
Sono stati effettuati subito numerosi arresti di attivisti di estrema destra. Poi ci sono state contro-manifestazioni molto più grandi delle rivolte, che hanno ricevuto l’approvazione della polizia, del sindaco di Londra e persino del quotidiano di destra Daily Express.
Gli eventi, trasmessi in diretta televisiva, hanno causato una diffusa confusione e, naturalmente, una forte condanna da parte dei principali Partiti, anche se il Reform Party (di estrema destra) di Nigel Farage ha attribuito i disordini al fallimento dei governi che si sono succeduti nel fermare l’immigrazione. In un sondaggio d’opinione effettuato subito dopo le rivolte sulle questioni più importanti per il Paese, un terzo dei membri laburisti ha classificato l’immigrazione al quarto posto (34%) dietro l’economia (51%), la salute (45%) e la criminalità (39%). Invece, per gli elettori conservatori, l’immigrazione è risultata di gran lunga la questione più importante (76%) e, non sorprendentemente per il 90% degli elettori del Reform Party sia stata la questione principale. Solo il 3% del Paese è apertamente razzista (cioè persone che credono che solo i bianchi siano veramente britannici), ma l’8% pensa che le manifestazioni violente fuori dai centri dei richiedenti asilo siano accettabili, e il 23% dice che le rivolte sono causate da “preoccupazioni legittime”. Tre quarti degli intervistati ritengono che l’estremismo di estrema destra e il razzismo siano problemi seri, e il 53% afferma che il Regno Unito non è sicuro per i musulmani (la cifra era del 25% nel maggio 2024).
Le rivolte nel Regno Unito sono relativamente rare, ma si verificano. Di solito iniziano con le proteste delle minoranze etniche contro il presunto razzismo della polizia, come è accaduto a Londra nel 1981, 1985, 1995 e 2011, e in alcune città del nord dell’Inghilterra come Oldham e Bradford. Divennero note come “rivolte razziali”. Se i partecipanti fossero stati bianchi, non sarebbe stata definita una rivolta razziale. A Bolton, dove i musulmani locali si sono organizzati per difendersi da un movimento che mostrava intenti omicidi, la BBC ha definito la manifestazione di estrema destra una “marcia filo-britannica” e ITV l’ha descritta come “manifestanti anti-immigrazione” che sono stati accolti da “300 persone mascherate gridando «Allahu Akhbar»”.
Una rivolta (nel 1990) fu contro la poll tax (tassa di residenza) introdotta dal governo Thatcher. Altre rivolte erano legate al calcio. Ad esempio, a Trafalgar Square (Londra) nel 1996, dopo la sconfitta della squadra di calcio inglese contro la Germania agli Europei, circa 2.000 hooligan, per lo più ubriachi, lanciarono bottiglie contro gli agenti di polizia, distrussero negozi e ribaltarono automobili.
Pertanto, le rivolte anti-immigrazione di luglio e agosto erano un fenomeno relativamente nuovo, almeno nel mondo moderno (l’ultima rivolta del genere, iniziata da giovani bianchi, allora chiamati “teddy boys”, avvenne a Notting Hill, Londra, nel 1958). Le recenti rivolte sono state in gran parte spontanee, anche se, ovviamente, hanno attirato il sostegno di gruppi estremisti come i seguaci della praticamente defunta English Defence League, del British National Party o di gruppi neonazisti, ma non sono state organizzate da alcun singolo centro o Partito che possa essere vietato o sanzionato. Sono invece state facilitate da post online virali e algoritmi di raccomandazione su TikTok e X, nonché da canali speciali di Telegram. Questa è stata una manifestazione della crescente islamofobia propagata dai cosiddetti “influencer” sui social media che ora sono diventati più “liberali” grazie a Elon Musk. Le persone credevano alle fake news sui social media perché confermavano i loro pregiudizi e giustificavano le loro fantasie di vendetta.
La denigrazione degli immigrati è stata rafforzata da politici “rispettabili” dei principali Partiti politici. La maggior parte dei rivoltosi rifletteva decenni di razzismo e retorica anti-immigrazione cantando “Stop the boat”, uno slogan adottato dal precedente primo ministro Rishi Sunak, che si riferiva alle piccole imbarcazioni utilizzate da alcuni rifugiati per attraversare la Manica. Keir Starmer ha cercato di superarlo chiedendo la deportazione rapida degli immigrati clandestini, per qualche ragione prendendo di mira il Bangladesh (un Paese dal quale non ci sono praticamente rifugiati nel Regno Unito), e Yvette Cooper, il nuovo ministro degli Interni, ha fatto un collegamento diretto tra immigrazione e aumento della criminalità. Infatti, poco dopo l’attacco, su Twitter hanno iniziato a circolare notizie false (e un nome falso), insieme alla notizia secondo cui l’aggressore di Southport era recentemente arrivato nel Regno Unito su una piccola imbarcazione e che era musulmano. Il giorno dopo l’attacco, il falso nome ha ricevuto più di 30.000 messaggi. Un altro slogan utilizzato dai rivoltosi è stato “Rivogliamo il nostro Paese”, uno slogan spesso ripetuto da Nigel Farage, ma utilizzato dal leader “moderato” del Partito conservatore William Hague più di vent’anni fa. Ancor prima, William Whitelaw, ministro degli Interni di Margaret Thatcher, aveva osservato che “è tempo di sbarazzarsi dell’idea persistente che la Gran Bretagna sia un rifugio per tutti coloro i cui Paesi eravamo abituati a governare”.
Più recentemente, l’allora ministro dell’Interno conservatore Suella Braverman (lei stessa figlia di immigrati) si è riferita ai rifugiati che cercavano di entrare nel Paese come “un’invasione”. Insieme al resto dei governi conservatori (quelli di Boris Johnson, Liz Truss e Rishi Sunak), ha promosso il cosiddetto schema ruandese per deportare i richiedenti asilo in Ruanda. Dichiarato illegale dalla Corte Suprema, non è mai stato implementato, ma è costato 700 milioni di sterline. Robert Jenrick, candidato alla leadership del Partito conservatore e politico di alto livello, ha detto che la polizia dovrebbe “arrestare immediatamente” le persone che gridano apertamente “Allahu Akbar” (in arabo “Dio è grande”), l’equivalente del cristiano “Alleluja”. Anche il Partito Laburista, pure quando era all’opposizione, si è opposto a gran voce all’immigrazione “eccessiva”, come se l’immigrazione clandestina fosse un serio problema. Non sorprende che il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione del razzismo abbia espresso preoccupazione per il continuo uso di discorsi di incitamento all’odio razzista da parte di politici britannici e influenti personaggi pubblici (UN News, 23 agosto 2024).
Coloro che cercano di spiegare i recenti disordini – o di giustificarli – citano la povertà e la crescente inefficienza dei servizi sociali di base come l’assistenza sanitaria, sostenendo che sono causati dall’immigrazione di massa. Ma le vittime dei rivoltosi nella stragrande maggioranza non sono immigrati recenti, ma figli di immigrati, e di solito vivono nella stessa zona e sperimentano le stesse difficoltà dei loro aggressori. In altre parole, i rivoltosi bianchi e le loro vittime nere o comunque di pelle scura appartengono generalmente alla stessa classe, separati solo dal colore della pelle. E i rivoltosi bianchi non erano, come alcuni sostenevano, bianchi “poveri”, sebbene molti di quelli arrestati e condannati fossero persone con precedenti penali. Un capo di Scotland Yard ha spiegato: “Circa il 70% di loro aveva precedenti condanne per armi, violenza, droga e altri reati gravi. Ad alcuni di loro non è permesso andare allo stadio”.
Anche la stampa popolare si è unita da tempo al carrozzone dell’islamofobia, con titoli come quelli del Daily Telegraph: “Cospiratori islamici nelle scuole del Regno Unito”, del Sun che afferma che un musulmano britannico su cinque è a favore della jihad, e del Daily Mail secondo il quale “I migranti provocano la crisi del fondo abitativo”. I rivoltosi bianchi sono stati definiti “banditi”, “disdicevoli” arrabbiati, ma – come spiega il think tank RUSI (Royal United Services Institute, il più antico think tank del mondo, fondato nel 1831 dal duca di Wellington) – se i partecipanti rivoltosi fossero marroni o neri, sarebbero stati descritti come “terroristi”.
Pochi politici hanno il coraggio di elogiare l’immigrazione e di sottolineare l’enorme bisogno di immigrati, soprattutto nel settore sanitario e assistenziale, dove ci sono più di 130.000 posti vacanti. La Brexit è stata pubblicizzata come un modo per ridurre l’immigrazione, ma in realtà la Brexit è stata seguita da un’impennata dell’immigrazione da Paesi extra-UE.
I politici moderni, e non solo nel Regno Unito, non cambiano nulla. Seguono una tendenza e poi la incoraggiano in una disperata ricerca di voti e sostegno. Mi ricordano il politico repubblicano Alexandre Auguste Ledroux-Rollin, che durante la “rivoluzione” francese del 1848 dichiarò: “Eh! Je suis leur chef, il fallait bien les suivre!” (Ah, bene! Io sono il loro capo, devo seguirli!).