L'ultimo colpo di scena nella campagna per le presidenziali di novembre ha rimesso in discussione l'esito della contesa per la Casa Bianca. Kamala Harris galvanizza l'elettorato democratico e nei sondaggi, adesso, Trump arranca. Ma la partita è solo agli inizi
Il cambiamento di candidato sta funzionando per i democratici americani. Kamala Harris, che entro poche ore dal ritiro di Joe Biden dalla corsa presidenziale era già lanciata verso la nomination, ha consolidato il sostegno del partito e sta beneficiando di un’esplosione di entusiasmo tra la base. Smentendo i dubbi precedenti sulla sua capacità di essere una candidata efficace contro Donald Trump, Harris ha rapidamente raggiunto e superato l’ex presidente nei sondaggi. Riesce a sfruttare l’interesse per una figura nuova, più giovane, e considerata migliore di Trump in termini di carattere e onestà.
Tuttavia, mancano ancora mesi al voto, e le sfide per Harris saranno molteplici, vista la popolarità del suo avversario tra la classe lavoratrice. All’inizio Trump è sembrato disorientato dalla sostituzione, perdendo quella disciplina che aveva utilizzato per sfruttare le debolezze di Joe Biden su temi come l’economia e la politica estera. Si è lasciato andare ad attacchi personali, e la sua campagna ha scelto di definire Harris come “dangerously liberal”, ossia pericolosamente di sinistra. Si tratta del solito schema dello scontro politico tra i partiti americani, mirato a far apparire radicale il proprio avversario e a fare appello agli elettori più moderati.
Rischia di essere una strategia fallimentare per Donald Trump. Già quattro anni fa, la campagna di Joe Biden era incentrata sulla necessità di “salvare l’anima” dell’America dall’estremismo del presidente uscente, facendo riferimento alla violenza e al razzismo de gruppi di attivisti di destra e alle minacce alla democrazia. Con questo appello, Biden ha vinto con oltre 7 milioni di voti di scarto, ottenendo un vantaggio complessivo del 4,5%, sebbene con margini ridotti in alcuni degli stati chiave.
Il presidente in carica ha perso molto sostegno a causa della sua immagine di anziano debole e fragile, tanto da doversi ritirare dopo la debacle del dibattito dello scorso 27 giugno. Questo cambiamento offre a milioni di americani l’opportunità di esprimere nuovamente il loro disappunto verso Trump, con una candidata che appare un’alternativa accettabile. Nelle prime settimane della sua campagna, Harris ha infatti lavorato per presentarsi agli elettori principalmente a livello personale: poche interviste con la stampa, pochi dettagli sulle sue posizioni politiche e molta enfasi sul carattere forte e sul temperamento adatto a ricoprire la carica di presidente. Salvo grossi passi falsi da parte di Harris, ad esempio nei dibattiti tra i candidati che si terranno a settembre, sarà difficile per Trump prevalere nella sfida della personalità.
Se il tema della presa emotiva che i candidati riescono ad avere sull’elettorato è importante – anche più di quanto dovrebbe essere – non bisogna comunque dimenticare le questioni di sostanza. È qui che Trump potrebbe riprendere il suo messaggio efficace del passato. Per ora, la campagna repubblicana si concentra sull’immigrazione e sul costo della vita. Il primo tema è in cima alla lista delle preoccupazioni dei cittadini, e l’amministrazione Biden-Harris ha effettivamente delle responsabilità per un sistema disfunzionale. Tuttavia, Trump stesso ha peggiorato la situazione, chiedendo ai suoi alleati al Congresso di non collaborare con la Casa Bianca per una soluzione bipartisan. Se Harris riuscirà a controbattere chiaramente sull’immigrazione, potrà in parte neutralizzare l’efficacia degli attacchi su questo punto.
L’economia, invece, offre più possibilità. Nonostante i dati oggettivamente positivi di questi anni, molti americani percepiscono difficoltà a causa dell’aumento dei prezzi degli alimentari e delle abitazioni. L’amministrazione attuale ha poteri limitati in questo campo: i tassi d’interesse, che fanno aumentare i mutui, sono stabiliti dalla Fed in modo del tutto indipendente, e buona parte dell’inflazione è dovuta a problemi nelle filiere internazionali. Tuttavia, la responsabilità ricade sempre su chi governa, quindi il malcontento offre ai repubblicani un’arma importante.
Anche su questo fronte, Harris e i democratici potranno salvarsi se sapranno sviluppare una risposta chiara e concisa sulle vere cause degli aumenti dei prezzi, per poi concentrarsi sulle nuove misure necessarie per affrontare la precarietà. Per Trump, la tattica più intelligente sarebbe enfatizzare la sua critica sistemica, parlando del rilancio dell’industria USA rispetto ai fallimenti della globalizzazione e del contrasto alle politiche commerciali che hanno trasformato negativamente l’economia americana.
In realtà, l’amministrazione Biden si è mossa bene in questo campo, attuando una nuova politica industriale volta alla costruzione di numerose fabbriche nel settore delle tecnologie digitali. Ha inoltre concentrato gli sforzi sulle zone più colpite dalla delocalizzazione negli ultimi decenni. Tuttavia, gli effetti di queste misure richiederanno tempo per manifestarsi pienamente, mentre i cittadini percepiscono ancora oggi le difficoltà. Finora, Harris non ha mostrato un chiaro impegno a continuare la svolta anti-liberista. Resta quindi l’opportunità per Trump di ricordare il suo ruolo nel combattere il declino post-industriale e nel ricostruire la “grandezza” dell’economia americana.
Il ritiro di Biden ha modificato la corsa presidenziale in un altro modo importante: il sostegno per i candidati minori è calato nettamente. La candidata dei Verdi, Jill Stein, e l’indipendente Cornell West sono scesi a meno di un punto percentuale nei sondaggi, mentre Robert F. Kennedy Jr., il candidato terzo più forte degli ultimi anni, ora registra poco più del cinque per cento. Questo è circa la metà del sostegno che raccoglieva quando i due contendenti principali erano Trump e Biden.
Questa riduzione fornisce una prima indicazione sulla natura del sostegno per RFK Jr. negli ultimi mesi. È evidente che il rigetto di Biden aveva svolto un ruolo significativo, visto che Harris sembra aver beneficiato di buona parte del calo di Kennedy. Tuttavia, rimane comunque sopra il 5 per cento, un risultato notevole per un candidato non-tradizionale che si presenta come un’alternativa al sistema su più fronti. Le sue critiche più interessanti riguardano la politica estera militarista degli Stati Uniti e il potere delle grandi corporations.
L’operazione guidata dal Partito Democratico per indebolire RFK Jr., iniziata già l’anno scorso, si è rivelata efficace: la stampa lo dipinge principalmente come un complottista, sottolineando le sue posizioni no-vax, per esempio. Le azioni legali per escluderlo dalla scheda elettorale hanno reso più difficile la sua certificazione come candidato in vari stati, anche se punta comunque a essere presente in tutto il paese grazie alle firme raccolte negli ultimi mesi.
A metà luglio è stata svelata una telefonata in cui Trump cercava di convincere RFK Jr. a sostenerlo. Con il calo dei consensi e alcune storie negative sui media nelle ultime settimane, come quelle riguardanti il suo trattamento degli animali, cresce la speculazione su un possibile accordo con Trump. Tuttavia, Kennedy insiste che continuerà la sua campagna. La questione – anche per lui – è se riuscirà a riportare l’attenzione sui temi di sostanza, piuttosto che essere marginalizzato da un sistema che si concentra di più sulle questioni superficiali.