L’azzardo di Macron e il destino della Francia

La "mossa del cavallo" del presidente francese, andare a elezioni anticipate dopo la batosta alle europee, rischia di rivelarsi un boomerang. La destra lepenista e parte dei repubblicani potrebbero conquistare la maggioranza assoluta al ballottaggio. E per la Francia si aprirebbe una pagina senza precedenti con inevitabili ricadute internazionali

Immaginiamo lo scenario più probabile, anche se la Francia ci ha abituato nella sua storia a sussulti di orgoglio «repubblicano» e mobilitazioni di folle che smentiscono le previsioni. Per la battaglia del secondo turno, il presidente Emmanuel Macron ha fatto appello a tutte le forze democratiche, di qualsiasi tendenza e colore, perché erigano una barriera contro l’estrema destra. Vorrebbe vestire i panni di Jacques Chirac che nel 2002 riuscì a sconfiggere Jean Marie Le Pen, il padre di Marine, al ballottaggio per l’Eliseo coalizzando un fronte che andava dall’estrema sinistra ai gollisti e ai liberali. Ma le cose non si ripetono allo stesso modo, oltre al fatto che la sfida riguarda l’Assemblea Nazionale, ovvero la formazione di una maggioranza di governo e non la madre di tutte le battaglie: la conquista dell’Eliseo, nel 2027. Proviamo quindi a immaginare le conseguenze dello scenario peggiore, ovvero la Francia con un presidente delegittimato e governata dall’estrema destra con primo ministro il ventottenne, Jordan Bardella, formidabile influencer e abile dispensatore di promesse elettorali, ma privo di esperienza internazionale e poco ferrato su questioni economiche. Basterebbe, a questo proposito, mettere sotto la lente le previsioni di spesa per finanziare i provvedimenti annunciati (ad esempio la cancellazione della riforma delle pensioni) gli obblighi europei e la situazione poco felice del debito pubblico: oltre 3.000 miliardi.

Fino a ieri, ci si chiedeva se il Rassemblement National avesse passato l’esame della Storia, se avesse cioè messo in soffitta un armamentario ideologico e programmatico che andava dall’uscita dell’euro zona ai proclami razzisti, con qualche componente antisemita. Il fondatore, Jean Marié Le Pen, addirittura relativizzò le camere a gas.

La grande mutazione è avvenuta. Il partito si è radicato nella società francese ed è difficilmente contestabile che la marcia alla conquista del potere non sia stata condotta a pieno titolo nel gioco democratico. Qualche giornale ha scritto che Bardella si è «melonizzato», alludendo al percorso di legittimazione della destra compiuto dalla premier italiana.

Tuttavia, non possono essere sottovalutate altre conseguenze, per il Paese e per l’Europa, se andiamo ad analizzare alcuni punti fermi del programma. Quando si parla di «preferenza nazionale» e di privilegiare i «veri francesi» rispetto ai francesi con doppio passaporto, soprattutto negli incarichi pubblici, si mettono in discussione i fondamenti del modello di società. In sostanza, il principio di universalità dei diritti e dei doveri su cui è fondata la Quinta Repubblica e gran parte della storia di Francia a partire dalla Rivoluzione. Medici, funzionari pubblici, insegnanti e non pochi politici con origini straniere hanno fortemente protestato contro un’evidente discriminazione e ingiustizia. Ma Bardella non si limita a questo, poiché vorrebbe introdurre una discriminante anche nell’assegnazione degli alloggi pubblici e nei posti di lavoro.

E con Marine Le Pen che ha messo preventivamente in discussione i poteri e le prerogative del presidente della Repubblica – il quale, secondo la prassi in voga dai tempi di de Gaulle, è responsabile della politica estera e di difesa – si possono facilmente immaginare i possibili cambi di rotta traumatici in ambito diplomatico e strategico. Un’eventualità non di poco conto, perché parliamo di uno dei paesi fondatori della UE, con un seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e unico paese europeo con il bottone nucleare. Ad esempio, la già annunciata inversione di rotta sulla politica di sostegno all’Ucraina, tanto più che sull’impegno a sostegno di Kiev pesa anche la contestazione di una parte del Fronte della sinistra unita. Ma si può prevedere anche il più che probabile antagonismo nei confronti di obblighi e direttive europee.

Sono queste considerazioni a preoccupare già oggi le Cancellerie, molto più dei proclami in materia di immigrazione e sicurezza che in diversa misura sono ormai declinati da tutte le forze politiche.

Come ha scritto il saggista francese Nicolas Baverez, “a dimostrazione della crisi esistenziale della democrazia, l’estrema destra sta dilagando nei tre Paesi che hanno inventato la libertà politica: l’Inghilterra, con l’habeas corpus e il parlamentarismo; gli Stati Uniti, con la Costituzione e la separazione dei poteri; la Francia, con la sovranità nazionale e l’affermazione dell’universalità dei diritti umani. Prospera in tutte le istituzioni, siano esse il sistema parlamentare britannico, il sistema presidenziale americano o la ‘monarchia repubblicana’ francese“.

In questo quadro drammatico, la Francia rischia di rappresentare una triplice rottura in seno alla Ue: sul piano economico e fiscale, sulla politica estera, nei rapporti con la Germania, privando di senso anche la stessa immagine di “motore franco tedesco”.

Editorialista del Corriere della Sera

Massimo Nava