Le difficoltà di Lula, Presidente di minoranza

Il leader di sinistra brasiliano alle prese con un paradosso. Continua a essere apprezzato dai poveri ma perde consensi tra i nuovi membri della classe media, affrancati dalla povertà grazie alle politiche progressiste

A circa un anno e mezzo dall’insediamento, il consenso al governo Lula, secondo i principali istituti di ricerca brasiliani, oscilla tra il 36 e il 38%, mentre la disapprovazione varia dal 31 al 40, a seconda degli istituti. Il governo del suo predecessore, Jair Bolsonaro, allo stesso punto del mandato presidenziale, aveva consensi compresi tra il 32% e il 35%, con una percentuale di disapprovazione oscillante fra il 33% e il 43%. Non è un bel risultato per Lula, se consideriamo che Bolsonaro è stato l’unico presidente brasiliano a non essere rieletto in tempi recenti.
Lula mantiene un tasso di approvazione elevato, superiore al 40%, tra i brasiliani più poveri. Però, nella cosiddetta nuova classe media (che è nata soprattutto dalle politiche sociali dei precedenti governi del PT, il Partito del Lavoratori), e nella classe media consolidata, i tassi di approvazione e disapprovazione sono molto simili a quelli che raccoglie tra i ricchi, intorno al 27%.
Che cosa sta accadendo?
Lula, certamente, non ha perso il carisma che magnetizza i suoi seguaci. Politicamente, nel corso dei decenni, è sopravvissuto a scandali di corruzione, cattiva gestione da parte dei suoi successori, condanna e incarcerazione per corruzione.
Nel primo anno di governo l’economia è cresciuta più che nel governo precedente e il Paese è passato dall’11° posto al 9° nella classifica mondiale. La disoccupazione e la percentuale di popolazione al di sotto della soglia di povertà sono diminuite. Il reddito medio della popolazione è cresciuto dell’11,5% e ha raggiunto il valore più alto della storia. Il governo è riuscito ad approvare un progetto di riforma fiscale, considerato vitale per il Paese, che da anni non andava avanti. A ciò si aggiunge l’enorme logoramento del suo predecessore, coinvolto in scandali di corruzione e condannato all’ineleggibilità per 8 anni, per reati di abuso di potere. In più, molti esponenti del bolsonarismo sono stati coinvolti nel tentato colpo di Stato l’8 gennaio 2023.
Con tutte queste carte vincenti perché, allora, Lula si trova ad affrontare questo calo di consensi?
Il contesto aiuta a comprendere. Il centro-sinistra del Partito dei lavoratori (PT), pur avendo vinto le elezioni presidenziali, non è riuscito a superare l’egemonia della destra brasiliana. Lula resta ostaggio di un parlamento in cui il 50% dei deputati sono di destra, contro il 30% di quelli di sinistra. Anche se il governo del PT gode attualmente di una relativa simpatia della maggior parte della stampa, è ampiamente sconfitto sui social media, che rappresentano i principali opinion maker per gran parte della popolazione brasiliana. Il cristianesimo conservatore, molto militante e feroce, alimenta una battaglia costante contro la sinistra, a causa delle lotte identitarie e dei dibattiti sui valori morali e sul comportamento sociale.
Anche se messo alle strette dai tribunali, Bolsonaro, che si proclama perseguitato politico, è riuscito a organizzare una manifestazione in sua difesa a San Paolo, con 185mila partecipanti, e un’altra a Rio de Janeiro con 32mila dimostranti.
Il calo di consensi del presidente Lula è dovuto, dunque, non tanto a ciò che il suo governo ha fatto o non ha fatto, quanto alla sua incapacità di superare l’egemonia della destra.
Da questo punto di vista non è un problema solo del PT brasiliano. La forza con cui Trump ritorna negli Stati Uniti, la vittoria di Milei in Argentina, la permanenza del nazionalismo e la crescita degli elettori di destra in diversi paesi europei indicano un fenomeno globale ben noto, però mal affrontato dai suoi avversari.
Il XX secolo è stato segnato dal riconoscimento politico delle esigenze sociali dei più poveri, dal bisogno di equità e di rispetto dei diritti umani. Si trattava di agende politiche favorevoli ai partiti di sinistra o di centro-sinistra, al rafforzamento degli Stati con un forte impegno sociale. Oggi, tutte queste questioni non sono state risolte in modo soddisfacente, ma sono emerse nuove esigenze. E i limiti dello stato sociale, in numerosi paesi, diventano sempre più evidenti.
In questo quadro più ampio, Lula e il suo PT appaiono superati, incapaci di conciliare vecchie e nuove esigenze, praticando uno stile di politica che non riesce a garantire le vittorie necessarie. Politiche che insistono nella convinzione che i benefici sociali e l’aumento dei consumi familiari siano sufficienti per vincere le elezioni.
Lula e il suo partito credono che le loro difficoltà derivino solo da un problema di comunicazione, di fronte alla disinformazione promossa dalla destra e alle pressioni politiche dei parlamentari ostili alle loro proposte. Non si accorgono dei cambiamenti in campo culturale, dove i gruppi conservatori hanno imparato a competere ad armi pari con le minoranze identitarie. Né mostrano di aver compreso la necessità di ripensare le politiche economiche, dal momento che lo “sviluppismo latino-americano” si è già dimostrato esaurito in tutto il continente.

Coordinatore del Centro Fede e Cultura della Pontificia Università Cattolica di San Paolo

Francisco Borba Ribeiro Neto