Lo “specchio nero” delle democrazie

Un articolo di: Pablo Iglesias

Come nella famosa serie televisiva, realtà e finzione si stanno intrecciando in maniera progressiva e distopica. Un Occidente disorientato sta perdendo appeal per un mondo che lo aveva prima seguito e poi subìto

Un re di Spagna riceve fango in faccia in una delle città valenciane colpite dall’inondazione. La gente era troppo arrabbiata per sopportare visite illustri. Nemmeno il suo bisnonno Alfonso III, che dovette andare in esilio alla proclamazione della Seconda Repubblica spagnola, si trovò in una situazione scomoda come quella di Filippo VI. Ma il re di Spagna non era solo: era accompagnato da un presidente del Governo e da un presidente regionale. E quella fu la loro salvezza perché, ai tempi di “Specchio nero” (1), non importa quanto fango gli gettano addosso i cittadini. La chiave è padroneggiare la storia, e il Re e la Regina hanno avuto riflessi migliori dei loro compagni. Hanno resistito e il Re ha finito per parlare con alcuni giovani ‘simpatici’ che portavano simboli nazisti sui loro abiti. E la Regina ha finito per piangere, colpita dal dolore del suo popolo. Invece il presidente è fuggito e si è ritrovato con i finestrini della macchina spaccati. Del presidente regionale non si è saputo nulla, come se fosse ancora mentalmente coinvolto nel pranzo (o qualcosa del genere) che lo teneva lontano dal gabinetto di crisi del suo governo, mentre a Valencia la gente stava già annegando. “Se riesco ad essere lì”, deve aver pensato Ivan Redonde, “se riesco ad essere lì, il presidente resterà attaccato al re anche se cadono le bombe”.

Regola numero 1 per i leader politici ai tempi di “Specchio nero”: presta più attenzione al tuo spin doctor che alla tua guardia del corpo. Trump lo ha dimostrato, con un po’ meno orecchio alzando il pugno e dicendo “combatti”. Ecco perché trionfa il sexting, perché nell’era di “Specchio nero” ciò che si vede e ciò che si dice conta più di ogni altra cosa.

I sondaggi in Spagna dicono che il Re è il migliore, anche prima dell’episodio del fango, e se si candidasse oggi alle elezioni non se la passerebbe male. Ma certo, uno è Re proprio per non doversi candidare alle elezioni. Ma questo non cambia il fatto che, ogni giorno, i cittadini votano il loro concorrente preferito con il telecomando della televisione e sul cellulare. E i contendenti nel capitolo fango erano un Re, un presidente del governo e un presidente regionale. E tutti a votare e a partecipare alla cyberdemocrazia. Questa volta ha vinto il Re ma nelle società di “Specchio nero” tutto è effimero. La sfortuna su tutti i canali tv, le fake news su quasi tutte le televisioni che additano i social network come generatori delle bufale che poi vengono commentate e diffuse dalle televisioni. E Trump vince, spazza via, umilia Kamala Harris il cui programma di governo, la cui risposta a tutte le domande era qualcosa del tipo “Io non sono Trump”, “Non sono cattiva come Trump”, “Con Trump tutto sarebbe molto peggio che con me”. Cara Kamala, caro Pedro Sánchez, il male minore sta diventando sempre meno comune in borsa. In Europa lo sanno.

E, nel frattempo, i governanti e i militari israeliani assaporano con ancora più piacere l’orgia genocida che la vittoria di Trump regala loro, mentre parlano di bambini israeliani decapitati da animali umani arabi. “Siete tutti antisemiti”, grida Israele al mondo mentre i suoi hooligan gridano per le strade di Amsterdam che non ci sono più scuole a Gaza, poi chiedono aiuto al Mossad quando hanno le facce rotte e gridano terrorizzati “Palestina libera” quando sono circondati da giovani antifascisti olandesi. E Biden risponde alla sconfitta di Harris dando a Zelenskij il permesso di bombardare la Russia. E Putin dice che, se vogliono la Terza Guerra Mondiale, augura alla Germania buona fortuna. E Scholz mette fine al suo governo semaforo e tende la mano alla CDU, che lo prenderà a braccetto mentre “Alternative für Deutschland” continua a crescere nei sondaggi. E Le Pen si prepara a vincere ed espellere tutti gli arabi dalla Francia. E Trump si tiene i genitali e presenta il suo governo: un cubano anticastrista responsabile della politica estera, un antivaccinista responsabile della sanità, e lo stesso Elon Musk che ha detto che il governo degli Stati Uniti non sarà più il consiglio di amministrazione dei delegati del Capitale, ma che i capitalisti governeranno direttamente, senza intermediari, anche se trillando in X.

E la Cina aspetta, calcola in decenni il suo momento. Ma le due Coree possono anticipare i tempi cinesi. E in Africa compaiono leader che pretendono di rivendicare il panafricanismo mentre l’Iran calcola che la sua volontà di non avere una guerra nucleare con Israele potrebbe non servire a placare la volontà israeliana di avere una guerra nucleare con l’Iran. E i BRICS dicono a Putin che non è solo e Claudia Sheinbaum respira pensando ai 6 anni che l’attendono alla guida della sinistra latinoamericana e ai 4 anni di resistenza a Trump.

Gli autori di “Specchio nero” non sarebbero mai stati in grado di scrivere una sceneggiatura come questa. Nelle loro storie è sempre preservato un minimo ordine liberale.

Le diavolerie tecnologiche di altri capitoli di Black Mirror mantengono una certa coerenza con i mondi della classe media (imborghesiti, individualisti ma più o meno confortevoli). Ma ciò che i telegiornali trasmettono oggi è un’atmosfera e un’estetica di collasso climatico e politico che sta avendo le democrazie liberali come vittime più evidenti. Non siamo in Black Mirror. E non c’è democrazia liberale che possa resistere al regime di guerra, al collasso climatico e a una transizione egemonica del sistema mondiale capitalista in cui è messo n discussione il dominio della civiltà europea esportata negli Stati Uniti.

Vinceranno i populisti? Vincerà chi saprà meglio condurre una guerra ideologica e geopolitica dalle conseguenze imprevedibili. Guerre e narrazioni che in tempi distopici producono mostri politici.

(1) “Specchio nero” è una serie televisiva britannica di fantascienza creata nel 2011. Affronta i disordini contemporanei presentando storie distopiche, scenari post-apocalittici e ambienti orwelliani di tecno-paranoia.

Fondatore di Podemos, Vice primo ministro, docente Università Complutense

Pablo Iglesias