L’Occidente in minoranza

Washington e Pechino si scrutano e flettono i muscoli. Ma sia Biden che Xi non hanno interesse ad avvitarsi in un'escalation. In ballo, oltre Taiwan, ci sono le alleanze future con il Resto del Mondo

L‘incontro Xi Jinping-Biden è stato una buona notizia nel mezzo del caos bellico mondiale. Segnali di distensione, maggiore consapevolezza del baratro che si spalancherebbe in caso di conflitto, rilancio di una sana competizione economica, saggezza cinese (in questo mondo c‘è abbastanza spazio per entrambi) e prudenza americana (non è il caso di mettersi contro nello stesso tempo due potenze nucleari, la Cina dopo la Russia), presa d‘atto infine che Taiwan è importante per i valori di democrazia e libertà che rappresenta, ma non così importante da rischiare costi enormi in termini economici e umani.  La distensione con la Cina è un‘occasione da non perdere, prima che il  precario equilibrio mondiale scivoli ancora di più contro l‘Occidente. L‘errore esiziale sarebbe di non coglierla, ovvero non facendo tesoro delle lezioni del passato.

Gli imperi coloniali europei e gli Usa hanno dominato il mondo dalla fine del XV secolo all’inizio del XXI. La nascente potenza americana ha rafforzato il dominio negli ultimi due secoli, sconfiggendo il Nazismo e il Fascismo ed esportando i valori della democrazia e della libertà fino a raggiungere la supremazia sui modelli comunisti sovietico e cinese. La potenza economica e il modello di vita e consumi hanno trionfato ovunque. Cina e Russia hanno elaborato sistemi istituzionali autoritari, ma si sono convertite all’economia di mercato.

Tuttavia, la globalizzazione economica disordinata, la latitanza di una solida governance mondiale dell’economia e della politica, le guerre e le crisi a ripetizione, hanno stravolto il senso e la direzione della supremazia occidentale.

L’ascesa del Sud del Mondo ha molto ridotto il peso del G7 nel PIL mondiale.  L’Asia produce più degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Le sconfitte americane in Afghanistan, Iraq, Siria, la perdita d’influenza della Francia nel Sahel e in generale dell’Occidente in Africa e Asia hanno compromesso capacità strategiche e diplomatiche, messo in discussione le valute di riferimento ed esasperato la competizione di industrie ad alta tecnologia. Le guerra in Ucraina e Medio Oriente hanno evidenziato le difficoltà dell’Occidente di costruire una fronte unitario contro la Russia e di solidarietà con Israele. Le democrazie occidentali si sono trovate in minoranza alle Nazioni Unite,  devono constatare l’inefficacia delle sanzioni contro Mosca e ora contenere  i traumi sociali del mondo arabo moderato in conseguenza della sproporzionata ritorsione di Israele a Gaza.  Ritorsione che sul medio periodo rischia di risolversi in boomerang per Israele e per il suo principale alleato, gli Usa. La globalizzazione si sta frammentando in blocchi ideologici, finanziari, commerciali e militari.

In Occidente, la narrativa corrente tende a colpevolizzare le classi medie impoverite che si rivolgono a movimenti e partiti populisti o nazionalisti, rimprovera agli ambienti studenteschi e universitari l’ondata di solidarietà con il popolo palestinese e confusi riflessi anticapitalistici o eco-rivoluzionari. Persino i germi in circolazione dell’antisemitismo sono messi nel conto di masse occidentali che sarebbero acriticamente sedotte dall’islamismo, dal terzomondismo, da un pacifismo a senso unico. Ma occorrerebbe una riflessione profonda e meno ideologica su fenomeni sociali ed errori catastrofici che hanno provocato queste sensibilità, anziché un’esaltazione autoreferenziale di cantori della supremazia dei valori occidentali.

Si allarga la variegata alleanza di regimi autoritari e cresce la minaccia dell’islamismo anche a causa della presunzione di incassare i profitti della fine della guerra fredda, senza considerare quanti Paesi e popoli avrebbero voluto dividere la torta della globalizzazione e contribuire in modo paritario ad un nuovo ordine mondiale. Le condizioni del mondo nel 1989 e dopo il crollo dell’URSS erano ideali per  cominciare a costruire quest’ordine, ma si è preferito avviare una politica di conquista mercantile e di espansione militare che ha finito per ottenere gli effetti opposti : l’arroccamento della Russia fino all’invasione dell’Ucraina e l’aggressività commerciale e militare cinese.

Dopo l’11 settembre, si è persa l’occasione di costruire con Russia e Cina un’alleanza mondiale contro il terrorismo islamico. La crisi del 2008 ha messo a nudo perversi meccanismi di crescita del capitalismo finanziario. In ambito militare si è perseguito un insensato allargamento della Nato nei Balcani e nell’Europa dell’Est fino al Caucaso. La pandemia del 2020 ha destabilizzato e impoverito le classi medie e il Sud del Mondo. A questo quadro si sono sovrapposti i conflitti degli ultimi due anni. Nemici e avversari dell’Occidente hanno approfittato del vuoto creato da  leadership deboli, da un’opinione pubblica disinformata e disillusa e dalla contestazione interna dei valori occidentali.

Molti, nel Sud del Mondo, dall’Asia al Sud America all’Africa vedono un doppio standard nell’Occidente che condanna la Russia per aver violato il diritto internazionale con l’invasione dell’Ucraina ma è riluttante nel condannare Israele per la morte di migliaia di civili nell’assalto a Gaza.  La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha condannato “gli attacchi contro le infrastrutture civili, specialmente l’elettricità, come crimini di guerra”, ma si è riferita alla Russia.

Questa incoerenza rende oggi impossibile la prospettiva di un ordine basato sulle regole. Ma non è difficile immaginare di questo passo chi pagherà il prezzo più alto.

Editorialista del Corriere della Sera

Massimo Nava