L’ombra di Trump sull’Europa

Un articolo di: Pascal Boniface

Come per Biden anche per il rieletto tycoon l’Europa è un avversario economico. Che Trump vuole far spendere di più per la propria sicurezza. Impegnandosi però a ridurre i rischi di una escalation. A cominciare da quelli legati all’Ucraina

Donald Trump ha vinto un grande slam: ha vinto non solo la maggioranza dei grandi elettori ma anche il voto popolare – cosa che non fu il suo caso nel 2016, né quello di George Bush nel 2000 – così come il Senato e la Camera dei Rappresentanti. Se aggiungiamo il fatto che di fatto controlla la Corte Suprema che lo ha esonerato dalle sue turpitudini giudiziarie, ora ha pieni poteri negli Stati Uniti. Donald Trump è ancora più ringalluzzito e il suo mandato promette di essere, a dir poco, intenso.

È quindi un Trump super-vitaminizzato che torna al potere, più fiducioso che mai. Durante il suo primo mandato fu circondato da personalità dell’amministrazione o dell’apparato repubblicano più moderate di lui, i famosi “adulti nella stanza”. D’ora in poi intende nominare per incarichi importanti solo personalità che gli sono personalmente legate e che non si azzarderanno a contraddirlo.

Il primo mandato aveva pesantemente scosso gli alleati europei di Washington. Adesso possono allacciare le cinture di sicurezza. La situazione rischia di aggravarsi ancora di più durante un secondo mandato in cui Donald Trump non conosce alcun limite.

I più ottimisti diranno che in definitiva si tratta di un risveglio salutare per gli europei. Questi ultimi avevano cominciato a rendersi conto che non dovevano più contare sugli Stati Uniti come protettore, dato che Donald Trump aveva descritto l’Unione Europea come un nemico.

Anche i più attendisti avevano fatto i conti con l’idea di aver bisogno di un “piano B” di fronte a un alleato inaffidabile nella protezione e brutale nelle relazioni che intratteneva con loro. In realtà, la nozione di alleato non ha importanza per Donald Trump. La sua ossessione era il deficit commerciale che gli Stati Uniti patiscono nei confronti dei Paesi dell’UE, che ha raggiunto, in beni, 208 miliardi di dollari nel 2023, ovvero 1/5 del deficit totale degli Stati Uniti quest’anno.

Per lui le cose sono semplici: gli europei sono protetti dagli Stati Uniti, non spendono la loro parte per le spese militari, rubano dalle tasche degli americani arrivando a distruggere le loro industrie.

A suo tempo anche Merkel e Von Der Leyen si erano rese conto del pericolo: la prima invitando gli europei a farsi carico del proprio destino, la seconda affermando di assumere la guida di una commissione geopolitica. La Francia non era più la sola a predicare nel deserto l’autonomia strategica europea. L’arrivo al potere di Joe Biden ha rassicurato tutti gli europei: è stato un ritorno all’atlantismo classico per loro conveniente. Non si rendevano conto che, nonostante la sua buona indole e i suoi sorrisi, nonostante i suoi richiami alla solidarietà transatlantica, Joe Biden condivide un concetto comune con Donald Trump: gli europei sono rivali economici. L’Inflation Reduction Act è stato una forza formidabile nell’attrarre gli industriali europei a scapito delle loro istituzioni europee.

Quanto meno, il ritorno di Donald Trump dovrebbe impedire agli europei di illudersi. A differenza di Joe Biden, Donald Trump non proclama che gli europei sono alleati strategici, ma come lui si comporterà come un rivale economico, ma in modo più trasparente, più franco e più brutale. Il problema è che nel frattempo è iniziata la guerra in Ucraina, che ha aumentato notevolmente la paura tra gli europei per le proprie fragilità militari. L’altro problema è che durante il primo mandato di Donald Trump c’erano due leader forti alla guida di due Stati importanti, vale a dire Angela Merkel in Germania ed Emmanuel Macron in Francia. Ormai, per ragioni di politica interna, il cancelliere tedesco e il presidente francese sono indeboliti e a capo di Stati a loro volta economicamente indeboliti.

Ci sono in effetti due scenari. O stiamo assistendo ad un sussulto collettivo degli europei e le recenti dichiarazioni di Donald Tusk, primo ministro della Polonia, uno dei Paesi più profondamente atlantisti, fanno ben sperare: aveva dichiarato prima ancora dell’elezione di Donald Trump che “è tempo che l’Europa cresca finalmente e creda nelle proprie forze. Qualunque sia l’esito, l’era dell’outsourcing geopolitico è finita”. Oppure gli europei, in condizione di debolezza, andranno divisi e impauriti a perorare la propria causa a Washington o a Mar a Lago.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, vediamo le grandi linee del piano di Donald Trump. Il messaggio che è stato inviato agli ucraini è che bisogna fermarsi, che esistono realtà militari e che è illusorio pensare di poter riconquistare la Crimea o anche i territori perduti dal 2022. Ma un avvertimento è stato inviato anche a Vladimir Putin perché non spinga troppo oltre il suo vantaggio. La questione è che l’Ucraina resti sovrana, che continui ad avere accesso al Mar Nero anche se il 20% del suo territorio è stato amputato.

Gli europei saranno destabilizzati poiché hanno sempre affermato di sostenere l’Ucraina fino alla fine, che gli obiettivi di guerra di Vladimir Zelenskij erano i loro e che ne andava della loro credibilità strategica. Questo è destinato ad avvenire, ma avrebbero dovuto notarlo molto tempo fa. I fatti hanno la testa dura. Ci sono cinque volte più russi che ucraini e nessuno intende inviare soldati occidentali per compensare questa inferiorità demografica, poiché ciò potrebbe semplicemente segnare l’inizio di una terza guerra mondiale. La Russia ha forse un PIL debole. Ma se economicamente è una tigre di carta, ha denti atomici. Durante tutta la Guerra Fredda si è accuratamente evitato uno scontro diretto tra soldati occidentali e soldati sovietici proprio per evitare un’escalation fino agli estremi. L’errore degli europei è quello di aver ampiamente aiutato l’Ucraina senza mai voler realmente influenzare gli obiettivi della guerra e di essere, alla fine, al rimorchio di Mosca, Kiev e Washington. Gli europei non hanno mai fatto valere i propri interessi in questa vicenda, in nome dei valori che proclamano. In questo modo si sono fatti prigionieri da soli.

La sfida per l’Ucraina ora è sviluppare la propria economia, e non di vivere nell’illusione di riconquistare i territori perduti a costo di un numero sempre crescente di morti e di un indebolimento generale. Vladimir Putin non restituirà mai questi territori. Ed è dubbio che i suoi successori lo facciano. Le relazioni tra l’Europa occidentale, che non potrà riconoscere queste annessioni illegali, e la Russia sono quindi definitivamente interrotte.

Il problema restano i rapporti con la Cina. Ci saranno tensioni commerciali causate dalla necessità ancora maggiore della Cina di esportare verso l’Europa se il mercato americano sarà ancora più chiuso per i suoi prodotti. Donald Trump, a differenza di Joe Biden, non insisterà nel formare una grande coalizione di democrazie contro l’asse dei Paesi autoritari. Ma cercherà sicuramente di farsi seguire dagli europei nella sua politica nei confronti della Cina. Gli europei dovranno resistere, soprattutto perché per molti di loro il mercato cinese è importante quanto quello americano.

Geopolitologo, direttore IRIS

Pascal Boniface