Militaristi uniti d’Europa

Un articolo di: Pablo Iglesias

Un fronte comune si è saldato tra ex avversari. Sulle guerre in Ucraina e a Gaza gli ex pacifisti ambientalisti sono ora a fianco dei partiti conservatori contigui all’industria militare. Mentre molti partiti della destra radicale di tradizione anti-americana sono al governo in pieno spirito atlantista

In un articolo dell’aprile 2022 sulla New Left Review, poco dopo l’inizio della guerra russo-ucraina, lo storico Tony Wood fece una cupa previsione per il futuro dell’Europa. Ha detto che l’Unione aumenterà la sua militarizzazione, a cominciare da quella della Germania, a costo di ridurre la spesa sociale. Per lo storico, “gli Stati securitari neoliberisti scambieranno la crescita commerciale con più missili e filo spinato”. Wood trovò anche molti parallelismi con la belle époque europea alle porte della prima guerra mondiale. Allora, le tensioni interimperialiste alimentavano la corsa agli armamenti e, come oggi, le opinioni pubbliche europee si allineavano senza troppi problemi al nazionalismo dei propri governi. Nel 1914 i socialisti tedeschi votarono a favore dei crediti di guerra in quella che rappresentò una rottura senza precedenti con l’internazionalismo e la lotta per la pace. Poi è arrivato il bagno di sangue che ha tolto la vita a milioni di europei, la rivoluzione russa e la reazione sotto forma di fascismo.
Oggi l’Europa si presenta con un nuovo successo per l’estrema destra, questa volta in Portogallo, e con la sinistra antimilitarista in una situazione di estrema debolezza. Alla geringonça – l’accordo dei socialisti portoghesi con il Blocco della Sinistra e il Partito Comunista che permise il governo di Antonio Costa – seguì subito la cancellazione dei Partiti alla sua sinistra, con una maggioranza assoluta di socialisti, oggi sconfitti da un’estrema destra che con quasi il 20% dei voti sarà essenziale affinché la tradizionale destra portoghese (Alleanza Democratica) formi un governo.
Gli orologi dell’estrema destra sono sincronizzati in Europa e in America. Milei governa l’Argentina mentre gli Usa attendono il ritorno di Donald Trump. In Italia governa Meloni, erede del partito di Giorgio Almirante, alleata dei partiti di Berlusconi e di Salvini. In Francia Le Pen è la favorita per succedere a Macron all’Eliseo, mentre in Germania l’AfD appare in alcuni sondaggi come la prima forza nelle intenzioni di voto. In Spagna, il PP governa già con l’estrema destra in diverse comunità autonome e praticamente tutti i sondaggi prevedono che, in caso di elezioni, quella stessa formula sarebbe adottata dal governo della quarta economia della zona euro dopo Germania, Francia e Italia.
L’ascesa dell’estrema destra europea avviene anche nel contesto della guerra russo-ucraina, il cui sviluppo è lontano da quanto si aspettavano i ministri degli Esteri europei. “Fanculo all’Unione Europea”, disse Victoria Nuland al suo ambasciatore in Ucraina nel 2014, in una conversazione telefonica rilevata dai servizi segreti russi e ampiamente diffusa sui social network. Con gli accordi di Euromaidan e Minsk, l’UE ha preparato il terreno per una guerra per procura contro la Russia e probabilmente ha, masochisticamente, adottato la ricetta della Nuland di accollarsene il peso. Oggi tutti gli analisti calcolano che, con Trump o senza Trump, gli Stati Uniti si concentreranno sul Medio Oriente, dando tutta la copertura necessaria al genocidio israeliano e lasceranno all’Europa l’ingrato compito di finanziare la NATO e lo sforzo bellico contro la Russia.
Mentre ci si poteva aspettare che i leader europei incoraggiassero un accordo di pace tra Russia e Ucraina, prendendo atto della realtà dopo due anni di guerra, il presidente della Repubblica francese ha pubblicamente affermato che una guerra ancora più aperta con la Russia non può essere esclusa. Stiamo parlando nientemeno che di una guerra con una potenza nucleare sul suolo europeo, qualcosa di mai visto negli ultimi settantacinque anni. E lo ha detto lo stesso Macron che nel dicembre 2019 affermò che la NATO era un’alleanza “zombie”.
In questo contesto si avvicinano le elezioni europee in cui possono essere in primo piano la guerra con la Russia e il timido ruolo dell’Unione nel genocidio israeliano contro i palestinesi. Non dimentichiamo che si tratta di elezioni che si inquadrano anche nella possibile rielezione dell’esecutivo europeo guidato da Ursula Von Der Leyen. La leader tedesca oggi rappresenta l’incrollabile sostegno europeo a Netanyahu e l’ipotesi senza mezzi termini di una guerra con la Russia.
E la sinistra? I settori socialdemocratici europei, nonostante i loro modesti risultati elettorali ovunque, si sono allineati alla logica atlantista e – nel migliore dei casi – a una politica di pacificazione nei confronti di Israele. In questo sono stati sostenuti dalla famiglia politica verde, guidata dai verdi tedeschi che difendono spudoratamente la NATO e il sostegno a Israele.
Proprio per questo e nel pieno delle imponenti mobilitazioni europee a favore della Palestina, le elezioni del Parlamento europeo di giugno rappresentano un’ottima occasione per la sinistra antimilitarista europea per avviare una campagna di mobilitazioni nel vecchio continente in difesa della pace, e anche di un’Europa autonoma dagli Stati Uniti, che contribuisca alla pacificazione dell’Ucraina, che presupponga un rapporto con la Russia che eviti la guerra e che faccia davvero pressione su Israele affinché fermi il genocidio.
Ciò implica che la battaglia per le idee sia il primo compito politico per affrontare il successo ideologico di un’estrema destra che è stata normalizzata dalle élite europee esigendone semplicemente di cambiare le loro simpatie nei confronti di Putin per un impegno atlantista che non hanno esitato ad assumere.
Ecco perché la sinistra deve condurre una battaglia ideologica senza complessi. Di fronte a un’estrema destra neoliberista che attacca l’esistenza stessa delle tasse o dei servizi pubblici e che sostiene la guerra, è necessario un europeismo di sinistra che difenda un’alternativa al capitalismo e alla guerra. Le elezioni europee sono una buona occasione per farlo.

Fondatore di Podemos, Vice primo ministro, docente Università Complutense

Pablo Iglesias