La crisi della politica è quella delle sue classi dirigenti. L'abbassamento del livello culturale può raggiungere livelli impressionanti. Il caso del deputato americano Chuck Edwards è esemplare
“La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai generali“. Scolpita da un politico di prima classe come George Clemenceau, capo del governo che portò la Francia al tavolo dei vincitori della Prima guerra mondiale, l’affermazione provocatoria e paradossale ha goduto per un secolo di buona sorte. Ma negli ultimi anni, al cospetto del progressivo degrado delle classi dirigenti occidentali, sarebbe stato lecito affiancarla con un’altra, che nel mirino del sarcasmo avesse i politici. Nello specifico americani.
Le gaffe di alcuni di loro hanno fatto storia. Quelle di Bush jr più di altre. Riferibili alla scarsa conoscenza delle cose del mondo che siano fuori dal mondo americano. I nomi dei paesi stranieri, la loro collocazione su una carta geografica, la nomenclatura corretta di un governo con cui sono in corso intese, alleanze o tensioni. Si trattasse di Balcani o di Medio Oriente. In sintesi: una dose di ignoranza difficilmente immaginabile a certi livelli di responsabilità. Per di più in un paese, come gli Stati Uniti, in cui la qualità di saggisti, geografi, scrittori, ricercatori, scopritori è altissima.
Di solito si spiegano queste ‘cadute’ con la scarsa predisposizione degli americani a viaggiare all’estero. Secondo le statistiche solo il 40 per cento di loro ha il passaporto. Un documento invidiabile che consente di entrare senza visto in oltre 160 paesi. Privilegio unico. Ma per gli americani poco motivante. Preferiscono muoversi all’interno dei vasti territori nazionali, ricchi di paesaggi entusiasmanti e di mete ineludibili, made in America. Lontani gli spiriti ribelli che nel Novecento contagiarono la cultura europea, innervando il conformismo del Vecchio continente di fremiti trasgressivi e visionari, la classe media d’Oltreoceano sogna il suo sogno tra le mura del proprio universo. Caratteristica che spaventava Norman Mailer, che nel restringimento degli orizzonti vedeva un rischio strisciante per i suoi connazionali. “In un paese in cui i valori si stanno sgretolando la nazione diventa religione. Ci viene chiesto di vivere in una condizione di fervore religioso: Amate l’America! Amatela perché l’America è diventata un surrogato della religione”.
Sia chiaro, non si tratta solo dell’alzabandiera quotidiano nella yard della casetta monofamiliare del midwest, contrappunto alla preghiera laica che per Hegel ogni mattina era la lettura del giornale. È qualcosa di più banale. Una compiaciuta superficialità che riguarda la realtà delle cose. Sorprendente in una società che per Ralph Dahrendorf “rappresenta il più grande esperimento di dominio razionale del mondo che mai sia stato tentato”. Una specie di “illuminismo applicato” che strada facendo rischia di aver perso la luce della conoscenza. Almeno nel milieu politico.
La cronaca di questi giorni lo fa temere. Ce lo racconta il New York Times affrontando la guerra in Ucraina. Con un’intervista a Chuck Edwards, un deputato repubblicano, divenuto uno dei maggiori sostenitori degli aiuti militari degli Stati Uniti a Kiev. “In America le notizie su quanto sta accadendo in Ucraina sono davvero in calo. È passato in secondo piano rispetto a tante altre cose, ad altre questioni importanti per il Paese. Sapendo che l’Ucraina è in scadenza, ho pensato che fosse importante per me andare a partecipare a una missione di accertamento dei fatti e ottenere un migliore resoconto di prima mano di ciò che sta accadendo laggiù, mentre ci avviciniamo alla decisione critica e importante se – o come – gli Stati Uniti debbano assistere l’Ucraina”.
Lodevole l’intenzione, Edwards si affida alle autorità ucraine per verificare da vicino come “stanno spendendo i dollari degli americani”. Embedded di prima classe, per quattro giorni viene portato a visitare i luoghi più iconici della sofferenza e della resistenza. Decine di ore di briefing da parte di militari, strateghi e dello stesso presidente Zelenski lo convincono dell’urgenza dell’aiuto del Congresso, ovvero del nuovo maxi pacchetto di 61 miliardi di dollari in armi e munizioni che Biden da sei mesi sta cercando di far varare.
Cosa ha convinto il deputato del North Carolina, una vita tra McDonald’s e grandi banche, già membro del Senato del suo Stato, dunque non proprio uno sprovveduto? L’inimmaginabile. “La conclusione a cui sono giunto è che l’Ucraina o continuerà a essere una democrazia o cadrà nelle mani di una dittatura marxista, socialista e assassina. E non può – non rimarrà – una democrazia se gli Stati Uniti non intervengono”.
Tra un hamburger e un pacchetto di obbligazioni l’on. Edwards deve essersi distratto un attimo. Un attimo lungo trent’anni.