UE contro Orban: è l’ora della guerra non della pace

Non piace a Bruxelles l'attivismo del premier ungherese. Il suo giro di consultazioni con Zelenski, Putin, Xi e Trump spiazza i vertici dell'Unione appena rinnovati. Per loro la pace può aspettare

Ci sono molti modi per fare finire una guerra, ma c’è un solo modo per fare la pace: che i nemici si parlino, direttamente o attraverso mediatori. Constatazione ovvia, eppure non considerata in mezzo all’ondata di critiche piovute addosso a Victor Orban per il suo incontro di un mese fa con il presidente Vladimir Putin, durante il quale avrebbe parlato delle condizioni per arrivare almeno a un cessate in fuoco. Secondo diverse capitali europee e secondo i vertici della commissione Ue, non doveva farlo, in quanto presidente di turno della Ue e in contraddizione con la linea comunitaria di sostegno incondizionato all’Ucraina che non dovrebbe prevedere, al momento, colloqui con Mosca. In altri termini, non ci sono le condizioni per dialogare.

Data la lunga serie di atti ostili nei confronti della Ue e la notoria vicinanza con la Russia, dettata anche da ragioni di politica interna, il giudizio su questo viaggio al Cremlino non aveva bisogno di pezze d’appoggio. Ma Orban non ha visto solo Putin, bensì anche il presidente ucraino Zelensky, il presidente cinese XI Jinping e il “presidente” Donald Trump. Forse non esiste un piano per la pace, ma è importante che qualcuno s’incarichi di immaginare una via d’uscita, anziché limitarsi a reiterare la narrazione del sostegno incondizionato all’Ucraina fino a una vittoria che non potrà mai arrivare.

È difficile credere che il leader di un piccolo Paese come l’Ungheria sia così velleitario da pretendere una platea internazionale senza avere qualche carta da giocare. È persino banale osservare che in un momento in cui i canali di comunicazione con Mosca sono interrotti, il presidente Putin parli con coloro che considera amici. Ed è su questi ultimi che si affacciano le residue possibilità di dialogo, come peraltro ha auspicato anche il presidente Zelensky, attento a ciò che si muove dietro le quinte della diplomazia e ai rapporti disastrosi dei suoi generali sul campo di battaglia.

In diverse interviste, il premier ungherese è stato molto esplicito sulle sorti della guerra nei prossimi mesi. Lo scontro potrebbe essere ancora più brutale, con enormi perdite da parte degli ucraini, nonostante l’invio di armi, missili e aerei Nato. “Per questo è il momento giusto per passare da una politica di guerra a una politica di pace“, ha detto Orban alla tedesca Bild. “Mi dispiace doverlo dire, ma anche l’Europa ha una politica di guerra“, anziché condurre una politica più autonoma e svincolata dagli Usa.

In questo contesto, Orban punta anche sul molto probabile prossimo inquilino della Casa Bianca, “uomo d’affari” e “uomo di pace”, il quale va ripetendo da tempo che potrebbe regolare la questione con Putin in pochi giorni, senza mai precisare come. “Posso (…) dire con certezza che subito dopo la sua vittoria elettorale, Trump non aspetterà il suo insediamento, ma sarà pronto ad agire immediatamente come mediatore di pace. Ha piani dettagliati e ben fondati per questo“.

Infine una frecciata a quanti demonizzano l’aggressività della Russia fino alle estreme conseguenze. “Nessuna persona seria può sostenere che la Russia abbia l’intenzione di attaccare la Nato. Attaccare la Nato è del tutto impossibile non solo per la Russia, afferma, ma per chiunque, dal momento che si tratta dell’alleanza militare più forte del mondo“.

Orban ha proposto di associare la Cina in una conferenza di pace, chiede la ripresa delle relazioni diplomatiche con la Russia e un’iniziativa verso il Sud del mondo, di cui “abbiamo perso la stima per la nostra posizione (come europei, ndr) sulla guerra in Ucraina“.

Se l’Europa vuole la pace e vuole avere un ruolo decisivo nella risoluzione della guerra e nella fine dello spargimento di sangue, deve ora elaborare e attuare un cambiamento di direzione“, ha spiegato il portavoce di Orban.

Di fatto, l’Ungheria è l’unico Paese europeo in grado di negoziare con entrambe le parti. Ci sarebbe anche la Serbia, che non fa parte dell’Europa, ma può svolgere un ruolo cruciale, dati i rapporti stretti con Cina e Russia. Non casualmente, la signora Zelensky è andata in vista a Belgrado e il presidente serbo ha incontrato in diverse occasioni il presidente ucraino. Non solo. Dopo il viaggio di Orban, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha compiuto una visita a Pechino, la prima dall’inizio dell’invasione russa, per discutere “il possibile ruolo della Cina nel raggiungimento di una pace stabile e giusta“.

Qualcosa, insomma, si sta muovendo. È possibile che il premier ungherese sia stato latore di messaggi che facciano immaginare un percorso di pace? Comunque sia, l’impegno del leader ungherese mette il suo Paese in una posizione bilanciata rispetto ai centri globali, Washington, Pechino, Mosca e Bruxelles. Quasi la prova generale di un modello diplomatico che, forse, dovrebbe essere fonte d’ispirazione per quei Paesi a cui la geografia e la storia hanno assegnato un destino di terre di mezzo.

Editorialista del Corriere della Sera

Massimo Nava