I soldati "comunisti" di Kim mandati in soccorso di Mosca. Il presidente democratico di Seul che impone la legge marziale. La narrazione di un mondo rimasto diviso da settant'anni visto attraverso le lenti deformanti
Il 29 ottobre 2024, il Pentagono, per bocca del generale Pat Ryder (1), informa che nell’oblast di Kursk (Russia) sarebbero operativi circa 10.000 soldati nordcoreani: abbiamo visto i resoconti della stampa su presunte operazioni nordcoreane e le stiamo esaminando. Anche se manca la conferma, possiamo però affermare, come rilevato la scorsa settimana dal Segretario alla Difesa, Lloyd Austin, che se dovessero entrare in azione contro l’Ucraina quelle truppe diventerebbero obiettivi legittimi … implicitamente anche da parte dei mercenari pagati e armati da Nato-Usa, che combattono camuffati sul fronte ucraino.
Secondo il Pentagono, le truppe nordcoreane si troverebbero da tempo in Russia occidentale, dove riceverebbero addestramento, uniformi ed equipaggiamenti russi, in attesa di entrare in azione e sostituire le esauste forze russe.
I creatori di realtà virtuale dell’Impero Atlantico fanno ricorso alla tecnica di far dire a qualcuno quello che qualcun altro avrebbe detto attingendo a fonti ben informate che han chiesto di restare anonime: un percorso sicuro per svelare la verità! Tutto ciò non sorprende, anche se resta fonte di profonda tristezza constatare quanti abbiano venduto l’anima per soldi, onori e carriere invece di battersi contro consumismo, dipendenza tele-smartonica e degrado intellettuale. Nessuno può escludere – sia ben chiaro – che tale rivelazione corrisponda al vero. Nessuna prova viene, tuttavia, prodotta che i nordcoreani si trovino davvero in Russia, tantomeno che siano operativi nel Donbass o a Kursk.
Chi legge, di solito distrattamente, è portato a credere che se anche manca la prova, questa arriverà presto e in ogni caso – come teorizzava uno dei più feroci creatori di menzogne della storia, J. Goebbels – la popolazione ha una naturale propensione a credere che ciò che viene pubblicamente divulgato sia la verità. Se poi la conferma di tale supposizione non dovesse mai arrivare, poco importa. L’obiettivo è comunque raggiunto, quello di allarmare l’opinione pubblica con una plausibile minaccia, affinché si prepari alle misure, dolorose ma necessarie, che saranno adottate per contenere tale pericolo esistenziale.
Nel caso ucraino, gli obiettivi sono (o forse erano, alla luce della impetuosa evoluzione degli eventi…):
a) via libera all’Ucraina per l’impiego di missili a lunga gittata (ATACMS, gittata 190 miglia), missili da cui i russi si sono protetti rafforzando i sistemi di difesa, utilizzando aeroporti più lontani e mostrando di poter rispondere, se necessario, con il missile ipersonico Oreshnick, non intercettabile;
b) giustificare un futuro, per ora ipotetico, dispiegamento di mercenari/soldati Nato- Usa, non più mimetizzati;
c) fornire nuovi argomenti al governo di Kiev per abbassare la leva a 18/16 anni;
d)tonificare l’angoscia europea di un’invasione russa se l’Ucraina dovesse cadere, e altro ancora.
A proposito poi dei costosi ATACMS, disponibili in numero limitato negli stessi Stati Uniti, Sabrina Singh (2) (ufficio stampa del Pentagono), afferma che in ogni caso gli ucraini hanno dimostrato di cavarsela bene con i droni, al punto che le vittime russe sarebbero circa 1.200 al giorno (numeri anch’essi privi di evidenze).
Il significato di tutto ciò è ben chiaro: se la Russia utilizza truppe straniere nel conflitto, anche la Nato è legittimata a inviare proprie unità a fianco dell’Ucraina, in aggiunta – deve precisarsi – a quelle già de facto attive sotto le insegne ucraine. Una strada assai rischiosa che porterebbe al confronto diretto Nato-Usa / Russia.
Non si può affermare che la sorte sia stata benigna al martoriato popolo ucraino – ci sia consentito riflettere – alla luce delle elevate competenze strategiche di Biden, Sullivan e Blinken, e dei loro maggiordomi europei Rutte, von der Leyen, Macron, Scholz, Starmer, Meloni etc., questi ultimi incuranti persino del drammatico declino al quale stanno in tal modo condannando, en passant, l’economia e lo statuto politico dell’Europa. La coscienza morale di tali alti dirigenti valuta un dettaglio irrilevante che il sangue versato sia quello ucraino, mentre l’ineffabile presidente di quel paese (nell’intervista del 2 dicembre scorso) delizia i suoi fans con irrealistiche fantasie di vittoria (3).
L’asserzione che i soldati nordcoreani siano attivi in Donbass/Kursk riflette la medesima verità secondo la quale la Russia avrebbe esaurito le risorse militari, finanziarie ed umane, dopo aver perso 600mila o molti di più soldati, che le sanzioni la starebbero frantumando, che il popolo russo sia in rivolta e via delirando, mentre per gli analisti onesti (tra i tanti americani, J. Sachs, L. Johnson, J. Mearsheimer, D. Macgregor, C. Hedges e altri ancora) quella rappresentazione va capovolta: sono i soldati ucraini a soccombere (sette/otto uccisi o feriti per ogni soldato russo), in ragione della disparità di risorse umane e materiali disponibili sui due fronti. Si tratta qui di una psico-sociologia della negazione che mira a nascondere la realtà, inseguendo fantasmi immaginari per intrattenere popoli in letargo.
Recuperando il lessico del capo del Pentagono L. Austin, il generale Ryder sottolinea, ancora una volta senza prove, che sarebbe il gran numero di vittime tra le forze russe a giustificare l’impiego dei soldati di Pyongyang, aggiungendo: “… non vorrei essere nei panni dei nordcoreani che si trovano sul campo di battaglia”. Deve rilevarsi, in realtà, che soldati nordcoreani sono presenti in Russia da decenni, e periodicamente, ma in Siberia orientale, dove partecipano a esercitazioni congiunte previste dagli accordi risalenti alla guerra di Corea degli anni ‘50.
Se per Austin le truppe nordcoreane entreranno presto in azione, lo Stato Maggiore ucraino (Gen. Anatolii Barhylevych) afferma (4) invece che i militari nordcoreani avrebbero già partecipato ai combattimenti, camuffati da indigeni dell’Estremo Oriente.
Invece di attribuire alla Corea del Nord la qualifica ufficiosa di cobelligerante a fianco della Russia in assenza di evidenze della presenza di suoi militari, gli Stati Uniti dovrebbero invece attribuire a sé stessi quella qualifica, dal momento che la guerra in Ucraina sarebbe da tempo terminata senza il gigantesco sostegno finanziario e militare da essi fornito all’Ucraina.
Sulla medesima linea, governo ucraino e Pentagono insistono ad affermare che la controffensiva che i russi starebbero preparando (50.000 unità) per riconquistare la regione di Kursk sarebbe impossibile senza i nordcoreani, perché solo questi ultimi consentirebbero a Mosca di non spostare truppe dal Donbass e operare sui due fronti contemporaneamente.
Il presidente sudcoreano, Yoon Suk-yeol (golpista pentito), aveva a sua volta proposto di mandare armi e soldati in Ucraina per combattere contro russi e nordcoreani (di cui però non vi sarebbe traccia). A tale riguardo, si fa fatica a ritenere che un paese dove stazionano da 70 anni circa 30.000 militari Usa possa agire in tal modo senza luce verde della Cia. Yoon, va detto a onere della Corea, ha incassato lo scetticismo della popolazione e l’opposizione di tutti i partiti, nessuno essendo disponibile a coinvolgere il paese in un conflitto lontano e non prioritario.
Douglas Macgregor (5) riferisce in merito che per il governo di Seul (6) il dispiegamento dei nordcoreani sui due fronti è stato completato il 13 novembre e i soldati nordcoreani sono già in azione a Kursk, ripetendo così le affermazioni di V. Zelensky (7), secondo il quale la Russia per salvare il suo esercito allo sbando farebbe ricorso non solo ai nordcoreani, ma persino a mercenari yemeniti, i quali ultimi riceverebbero in cambio denaro e la cittadinanza russa (Financial Times), altro creatore di verità (8).
Secondo altri, il prossimo ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca aprirebbe la strada al compromesso. Una prospettiva invero tutt’altro che certa, alla luce del carattere volubile del presidente eletto e delle caratteristiche dei collaboratori che avrebbe già selezionato all’uopo, tra cui i falchi S. Gorka e M. Waltz (Ufficio della Sicurezza Nazionale), che non lasciano presagire nulla di buono. A questo deve aggiungersi la pervasività dello stato profondo/permanente, da sempre alla guida della politica estera/militare americana: e la prima presidenza Trump (2017-2021) non ha fatto eccezione.
Un orizzonte di pace è in ogni caso ipotizzabile solo se la Russia riterrà soddisfacenti le proposte della futura Amministrazione, tenendo conto che oggi la fiducia di cui godono gli Stati Uniti a Mosca sfiora drammaticamente lo zero.
È utile rilevare che il 4 dicembre scorso è entrato in vigore il Trattato di Partenariato Strategico-Globale Russia/Corea del Nord, i cui punti chiave sono:
a) impegno reciproco a fornire assistenza militare in caso di aggressione da paesi terzi;
b) creazione di meccanismi per rafforzare le capacità congiunta di difesa, prevenire i conflitti e sostenere la pace e la sicurezza;
c) lotta comune contro il terrorismo, l’estremismo, il crimine transnazionale, il traffico di esseri umani, la presa di ostaggi, l’immigrazione clandestina, la finanza illecita e il riciclaggio di denaro;
d) impegno ad astenersi da accordi con parti terze che compromettano sovranità o sicurezza delle due parti;
e) interventi congiunti per ridurre i danni qualora una delle due parti fosse oggetto di sanzioni da un paese terzo.
Si tratta di clausole usuali di un’alleanza militare vera e propria, la cui messa in opera, se gli scenari dovessero aggravarsi, potrebbe condurre a una saldatura tra Mosca e Pyongyang e implicare anche l’impiego di soldati sul campo, sebbene questa evoluzione resti al momento improbabile.
Per chiudere, se alla tragedia ucraina si sommano i conflitti in Asia Occidentale, Palestina, Libano, Siria e Yemen, e le altre turbolenze che la locomotiva occidentale fuori binari sta organizzando in Romania, Moldavia, Georgia e Corea del Sud, dietro le quali si scorge la cupa ombra dell’intelligence americana, solo la clemenza del destino consente agli uomini di buona volontà di sperare in una tregua da guerre e instabilità.