L’Europa archivia le sue elezioni con poche certezze e molte incognite. Tra le certezze c’è la generale tendenza dell’elettorato a spostare a destra l’asse politico all’interno dei 27 stati membri. Sull’onda di una crescente insoddisfazione per la condizione economica abbinata a una preoccupazione costante per l’impatto dell’immigrazione. E non solo. La guerra “impossibile” repentinamente proposta come probabile ha introdotto un nuovo elemento destabilizzante in un continente che si considerava il Giardino del mondo. In qualche caso si tratta di conferme con incrementi marginali, come in Italia e Spagna. In altri si registra un’avanzata massiccia, destinata a modificare in maniera sostanziale i rapporti di forza tra le componenti politiche al governo e quelle all’opposizione. È il caso, clamoroso, di Germania e Francia. I due paesi fin qui fondamentali nella costruzione e nella realizzazione del progetto europeo riemergono scioccati dalle urne dell’8 e 9 giugno. Con Macron che tenta la carta disperata delle elezioni politiche, anticipandole di tre anni, per provare a limitare l’espansione della destra sovranista di Marine Le Pen. E con il cancelliere Scholz che punta sulla paura propria e dei suoi alleati verdi e liberali per rinviare il più possibile il voto anticipato in Germania dove comunque, in autunno, saranno land importanti ad andare alle urne. Strategie diverse di due diversi leader improvvisamente bellicisti, che i rispettivi elettorati hanno reso “anatre zoppe”. Sia a Parigi sia a Berlino si punta adesso a ‘incartare’ il flop senza precedenti a livello nazionale, nella confezione della nuova maggioranza che guiderà l’Europa. A cominciare dalla Commissione europea. Così, dopo essere stata variamente considerata come non riproponibile la candidatura della Von der Leyen, il tentativo è ora quello di tenere in vita la “Formula Ursula”. E se popolari, socialdemocratici e liberali non dovessero bastare per rieleggerla c’è l’intenzione di trovare i voti che mancano ovunque siano disponibili, tra i verdi o la destra anti europeista o gli indipendenti senza famiglia politica a Bruxelles. Tutto pur di mantenere la bussola dell’UE orientata sulla stessa rotta seguita fin qui, a cominciare dalla svolta militarista intrapresa con crescente spregiudicatezza, nonostante i dubbi e le preoccupazioni manifestati nei sondaggi dall’opinione pubblica europea.
Su questo complicato dopo-voto si concentra l’analisi di Stefano Pilotto, che coglie rischi e opportunità nel richiamo all’idea di Nazione in un’Europa delle Patrie che non è più quella di De Gaulle. Mentre allo sfondo guerresco in cui si ritrova schiacciata l’Europa dedica la sua riflessione storica Robert H. Wade. Che torna sulle opportunità mancate, in anni recenti, per scongiurare il conflitto russo-ucraino e sulle responsabilità dell’Occidente nel non riconoscere a Mosca il diritto di avere la stessa dottrina per la propria sicurezza che dai tempi del presidente James Monroe, due secoli fa, gli Stati Uniti hanno posto alla base del proprio interesse nazionale.