Opinions #44/23

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Il presidente Biden dice di non fidarsi dei numeri forniti dai palestinesi. Le vittime della controffensiva israeliana, quantificate in migliaia dai dirigenti sanitari di Gaza, non lo convincono. Ritiene che possa essere propaganda. Ma i bombardamenti a tappeto, la condizione di due milioni di civili privati scientemente di cibo, acqua, medicine, elettricità indignano studenti, docenti, funzionari governativi del partito democratico, il partito del presidente.

Il 26 settembre, dieci giorni prima dell’attacco di Hamas, il Consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan affermava che il Medio Oriente fosse “oggi più calmo di quanto non lo sia stato negli ultimi vent’anni”. Negli ultimi venti anni i coloni israeliani hanno occupato fette di territorio rendendo ormai impossibile la creazione di un vero Stato palestinese. Per Sullivan l’attuale violenza dei coloni israeliani, è inaccettabile e la responsabilità di tenerli a freno è del premier Netanyahu. Netanyahu ha governato per sedici degli ultimi venticinque anni.

Thomas Friedman, uno dei migliori commentatori americani, scriveva la settimana scorsa dei nemici con cui deve fare i conti Israele. Molti di più dei tre che ha affrontato e sconfitto ai tempi della prima guerra arabo-israeliana, nel ’48. Quelli erano Stati. Oggi ci sono nemici immateriali, spiega Friedman nel suo ottimo articolo sul New York Times. Immateriale come la ‘narrazione’: termine più elegante e moderno di chiamare la manipolazione della realtà.

En passant Fiedman ascrive a questa categoria la storia del missile che ha causato centinaia di vittime nell’ospedale Al-Ahli di Gaza. Dando per scontata la colpa dei palestinesi, che della strage avevano dall’inizio accusato l’esercito israeliano.

Due giorni prima del suo articolo, un’inchiesta del suo stesso giornale, basata sull’analisi comparata di tutte le ricostruzioni video, era giunta alla conclusione opposta.

Interrogarsi sui motivi del crescente distacco delle opinioni pubbliche dalla politica e dalle sue propaggini mediatiche è doveroso. Lo sarebbe anche darsi le risposte. Non è difficile: è scomodo.

Senior correspondant

Alessandro Cassieri