Ancora proteste in Serbia contro produzione del litio

Rio Tinto smentisce le accuse delle ONG serbe, secondo cui "più di 100.000 persone verrebbero sfollate durante la realizzazione del progetto"

Una nuova ondata di proteste popolari in Serbia contro la miniera di litio del gigante dell’industria mineraria globale Rio Tinto. Secondo gli attivisti di alcune organizzazione non governative (ONG) serbe “più di 100.000 persone verrebbero sfollate durante la realizzazione del progetto ‘Jadar’, che prevede la produzione del litio nei dintorni della città di Loznica”.

Il progetto è da tempo contestato dalla popolazione serba. Secondo gli ambientalisti dietro l’intenzione apparentemente positiva per l’economia della Seria di estrarre litio per la produzione di batterie per le autovetture elettriche e di altri componenti legati alla transizione energetica, si cela infatti un “enorme impatto ambientale”.

Le proteste in Serbia vanno avanti dall’inizio degli Anni 20. Mentre il Governo serbo appoggia il progetto – la miniera porterà con sé grandi benefici, sia in termini economici che occupazionali – le ONG ambientali denunciano ed esprimono preoccupazione per il possibile disastro ambientale che seguirebbe alla costruzione, da parte della società anglo-australiana Rio Tinto, della miniera estrattiva del litio.

Da parte sua Rio Tinto ha definito “assolutamente false” le affermazioni degli attivisti serbi riguardo all’intenzione di “sfollare decine di migliaia di abitanti” nei dintorni della città di Loznica. Come scrive la stampa serba “Rio Tinto ha anche negato risolutamente le accuse che la collegano a ‘pratiche commerciali corrotte’ non meglio specificate” e “ha aggiunto che le affermazioni degli ambientalisti secondo cui l’estrazione del minerale avrebbe un effetto distruttivo sull’ambiente non hanno alcun fondamento”.

“Gli sforzi costanti degli attivisti nel diffondere informazioni false, inesatte o incomplete sulla società Rio Tinto senza alcuna prova minano completamente la possibilità di discutere con l’opinione pubblica della Serbia degli aspetti ambientali, economici e tecnologici del progetto ‘Jadar’ basandosi sui fatti”, si legge nella nota, diffusa dal gigante industriale anglo-australiano. La società ha sottolineato che la realizzazione del progetto “Jadar” permetterà di “creare migliaia di posti di lavoro altamente qualificati e ben pagati non soltanto nella regione di Loznica, ma anche in tutta la Serbia attraverso l’indotto”.

“Per dimostrare la nostra disponibilità ad una discussione aperta – ha scritto in conclusione Rio Tinto –  siamo pronti a pubblicare la bozza dello studio di valutazione sull’impatto ambientale nella sua forma attuale per sostenere ulteriormente il dialogo pubblico sul progetto”.

Nel 2004, nella località di Loznica, al confine tra Serbia e Bosnia ed Erzegovina, venne scoperto uno dei più grandi giacimenti di jadarite, un minerale composto in gran parte da litio. La scoperta venne definita “eccezionale” sia sul piano dello sviluppo dell’economia serba, che su quello del processo di transizione energetica. Nel 2017 le autorità della Serbia firmarono il memorandum d’intesa con Rio Tinto, con la previsione di avviare la miniera già nel 2022. Ma da subito la realizzazione dell’ambizioso progetto venne contestata dagli ambientalisti secondo cui la miniera “avrebbe presentato enormi problemi ambientali”. E questo perché l’estrazione della materia prima richiede l’utilizzo di un’ingente quantità di acqua (circa 1,3 litri per ogni chilo di prodotto), che verrebbe presa dai fiumi Drina e Jadar, provocando enormi problemi alle località limitrofe. Altro problema sarebbe poi la produzione di rifiuti rocciosi ed industriali, difficili da smaltire. Per esempio la Norvegia, il cui territorio è 4,3 volte più grande della Serbia, è costretta a scaricare i rifiuti rocciosi nel mare.

A sostegno del progetto si sono invece schierati i vertici dell’Unione Europea, che ad oggi acquista il litio da Australia, America Latina e Cina e che vedrebbe, con questa nuova opportunità, abbattere nettamente i costi di importazione, diventando indipendente a livello regionale nella produzione della materia prima fondamentale per il futuro “verde” del Vecchio Continente.