Brasile: rallenta la deforestazione in Amazzonia

Gli sforzi “ecologici” del Governo brasiliano, appoggiati dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale, portano i primi risultati importanti. Secondo i dati dell’Istituto nazionale di San Paolo per la ricerca spaziale (INPE) nel 2023 il processo della deforestazione nella regione amazzonica del Brasile ha registrato un calo del 50% rispetto alla situazione dell’anno precedente. Vale a dire che le autorità sono riuscite a rallentare il processo, ma non ancora fermarlo del tutto: in base ai dati dell’INPE l’anno scorso è andata persa un’area di 5.100 chilometri quadrati  della foresta amazzonica. Si è trattato della cifra più bassa mai registrata sin dal 2018.

Il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, ha dichiarato che “sarebbe ancora troppo presto riposare sugli allori”, dal momento che nella regione del Cerrado, la grande savana tropicale che costituisce il secondo bioma più importante del Brasile, la situazione peggiora di anno in anno. Mentre la deforestazione in Amazzonia sta rallentando i ritmi, nella regione del Cerrado l’anno scorso è stata invece distrutta vegetazione su una superficie di 7.800 chilometri quadrati, con un incremento del 43% rispetto al 2022, ossia al tasso più alto dal 2019.

Come hanno sottolineato gli studiosi brasiliani “nel loro complesso, considerando entrambi i biomi, l’anno scorso la distruzione ha interessato 12.979 chilometri quadrati di foreste, il che rappresenta un calo del 18% rispetto al 2022”.

Il miglioramento della situazione economica del Brasile permette di aumentare gli investimenti nella tutela dell’ambiente. Nel 2023 la bilancia commerciale del Brasile con l’estero ha raggiunto un saldo da record: le esportazioni di prodotti e di servizi hanno raggiunto quota 98,8 miliardi di dollari, ovvero il 60,6% in più rispetto ai risultati registrati nel 2022, quando l’export aveva raggiunto i 61,5 miliardi di dollari.

Tra le principali destinazioni dei prodotti brasiliani ci sono la Cina (105,6 miliardi di dollari), gli Stati Uniti (36,7 miliardi di dollari), l’Unione europea (46,3 miliardi di dollari) e l’Argentina (16,7 miliardi di dollari).