Forze convenzionali in Europa: la NATO esce dal trattato

I Paesi dell’Alleanza Nordatlantica hanno reagito in maniera più che prevedibile alla decisione della Russia di ritirarsi dal trattato, che da oltre 30 anni limitava la dislocazione degli arsenali convenzionali in Europa (CFE). In una nota, diffusa a Bruxelles, gli Stati aderenti al Patto Nordatlantico hanno “condannano” la decisione russa e hanno proclamato “l’intenzione di sospendere, per tutto il tempo necessario”, anche la loro partecipazione allo stesso accordo.

L’uscita dal Trattato CFE, annunciata nel maggio da Vladimir Putin, è entrata ufficialmente in vigore a mezzanotte, tra lunedì 7 e martedì 8 di novembre. Il Cremlino ha motivato il proprio ritiro dal CFE, accusando gli Stati Uniti di “minare l’assetto della sicurezza in Europa attraverso l’espansione della NATO”.

Il CFE, fu firmato nel 1990 dai 22 Paesi, dei quali in quel momento 16 facevano parte della NATO, mentre altri 6 appartenevano al Patto di Varsavia (l’analogo sovietico della NATO). In quel periodo l’Unione Sovietica e gli alleati del Patto di Varsavia disponevano dei maggiori arsenali convenzionali.

Il trattato fissò dei “limiti verificabili” ai vari tipi di armi convenzionali ed equipaggiamenti militari, dispiegati sul Vecchio Continente, dall’Oceano Atlantico agli Urali, una catena montuosa lunga 2.500 chilometri che separa la parte europea della Russia dalla Siberia, in Asia.

Secondo Mosca l’allargamento della NATO che nel 2023 comprende 31 Paesi europei, ha cambiato completamente gli assetti militari in Europa a sfavore della Russia.