Ucraina, affari d’oro in vista per Wall Street

È già partita la corsa alla ricostruzione. In prima fila i colossi americani. In ballo investimenti che sfiorano i mille miliardi. Per un debito economico, politico e militare che peserà su Kiev per le prossime generazioni

La guerra in Ucraina continua fra immense distruzioni, altissimo numero di vittime civili e militari e esodi di popolazione, ormai ridotta di un terzo. Intanto, al capezzale del Paese, si affollano i pretendenti alla ricostruzione. L’Ucraina devastata è un boccone economico e strategico. Si tratta di ricostruire città, infrastrutture e i settori minerario e agroalimentare.

Tutta l’economia – dall’energia all’industria, dalla finanza ai commerci – sarà condizionata da aiuti e investimenti occidentali. Per l’Ucraina, indebitata per generazioni, si profila un futuro a sovranità limitata. Attualmente, il debito estero è di 132 miliardi di dollari, pari all’89% del PIL. Secondo varie stime, alla fine di quest’anno dovrebbe superare il 100% del PIL.

Ai blocchi di partenza, sono già schierati i colossi della finanza americana: il numero uno dei fondi Black Rock e la prima banca, la Morgan Stanley, che hanno sottoscritto accordi di cooperazione con il presidente Volodymyr Zelensky. Si tratta di ipoteche non soltanto in termini di irreversibile appartenenza al campo occidentale, ma anche di dipendenza economica e militare dagli Stati Uniti e dai Paesi europei. Questi ultimi, almeno finora, sono nel novero di quanti pagheranno anche il conto più alto della guerra. Le sanzioni hanno avuto un impatto negativo su molte imprese europee, con perdite stimate in cento miliardi di euro nel primo anno di guerra. Alla fine di quest’anno l’UE ospita più di 3,5 milioni di rifugiati e ha speso 76 miliardi di euro in assistenza e aiuti militari.

Secondo dati del 2023 su 600 gruppi industriali, 176 hanno registrato svalutazioni di attività, oneri e altre spese a seguito della vendita o della riduzione delle attività in Russia. La stima della ricostruzione fatta dalla Banca Mondiale è di 400 miliardi di euro per infrastrutture e industrie, cui si aggiungono i costi del comparto urbanistico e agricolo. Ma Kiev ha stimato il costo in 750 miliardi di dollari, cifra che continua a crescere tra bombardamenti, interruzioni di import-export e sfollamenti di popolazione.

L’Ucraina ha istituito un programma per attrarre fino a 400 miliardi di dollari di investimenti. Zelensky è ottimista e ritiene che questa sia “la più grande opportunità per l’Europa dalla Seconda Guerra Mondiale”. Per quanto riguarda gli alleati europei, i mezzi finanziari destinati all’Ucraina da parte dell’UE e della BEI rimangono però lontani dalle ambizioni iniziali: attorno ai 50 miliardi di dollari.

La parte del leone la faranno gli americani. A seguito di un incontro tra il presidente Volodymyr Zelensky e l’amministratore delegato Larry Fink, BlackRock ha accettato di coordinare “gli sforzi di tutti i potenziali investitori e partecipanti alla ricostruzione del Paese” e di convogliare i capitali in diversi settori dell’economia. È seguita, in novembre, la firma di un memorandum di attuazione. Il colosso di Wall Street fornirà anche un supporto di consulenza per investimenti pubblici e privati. Altri investitori privati e istituzionali si sono messi in scia. Nel frattempo BlackRock e JPMorgan Chase sono all’opera con il governo dell’Ucraina per creare una banca per la ricostruzione.

L’Ucraina ha inoltre raggiunto un accordo con assicuratori internazionali per fornire copertura alle navi che trasportano grano e altre forniture alimentari dai porti del Mar Nero, anche se la guerra dovesse continuare ancora molto tempo. La partnership è stata annunciata dal gigante dell’intermediazione assicurativa Marsh McLennan. Offrirà fino a 50 milioni di dollari di assicurazione sullo scafo e sulla responsabilità civile da parte dei Lloyd’s di Londra, fornendo appunto copertura del rischio di guerra.

Intanto hanno già vinto la guerra i dieci più importanti fondi d’investimento che hanno approfittato dell’impennata dei prezzi alimentari realizzando profitti stimati in quasi 2 miliardi di dollari. Riporta il Guardian: “Hanno realizzato profitti osceni scommettendo sulla fame e aggravandola. All’inizio della guerra in Ucraina, gli investitori finanziari hanno investito in cereali e materie prime, cercando di capitalizzare l’incertezza e l’aumento dei prezzi”. Negli ultimi anni la superficie dei terreni agricoli ucraini trasferiti sotto il controllo di società agroindustriali americane avrebbe superato i 4 milioni di ettari.

Alle speculazioni, si sommano gli enormi profitti del comparto mondiale degli armamenti che ha fatturato nel suo insieme, nel 2022, duemila miliardi di dollari. Cifra che continua a lievitare. Con gli Stati Uniti che sono i maggiori produttori e i principali fornitori dell’Ucraina. Dal punto di vista ucraino significa scoprirsi più volte vittima. Della guerra, delle manipolazioni delle grandi potenze in competizione che approfittano dell’inesperienza delle élite di Kiev, e della corruzione endemica del Paese: aspetto sempre più evidente per l’opinione pubblica ucraina. Vittima, infine, dell’enorme debito che prima o poi dovrà essere pagato. E su tutto pesa l’incertezza degli Stati Uniti, sempre meno propensi a elargire prestiti e finanziamenti a fondo perduto.

Editorialista del Corriere della Sera

Massimo Nava