Opinions #20/24

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Da questa fase policrisi, contrassegnata da due guerre, i germi di un nuovo assetto post bellico sono destinati ad affermarsi quando le armi taceranno. E c’è già chi si impegna a capire chi avrà perso di più in una dinamica che avrebbe potuto offrire, al contrario, spunti di vantaggio. Emblematico il caso francese. Abbandonando la postura gollista che per oltre mezzo secolo ha consentito a Parigi di lucrare su una adesione critica allo schema atlantista, la Francia – unica potenza nucleare dell’Unione Europea – rischia di ritrovarsi in una condizione di marginalità. È l’effetto Macron. Mentre sull’altra sponda dell’Atlantico si giocano le fasi preliminari dello scontro elettorale di novembre. Con i due candidati espressione dei partiti ufficiali, Biden e Trump, compulsati quotidianamente dai sondaggisti. In vantaggio è sempre Trump che, nonostante i guai giudiziari, sembra tutt’ora preferito dagli elettori. Una scelta, analizza Andrew Spannaus, frutto tanto della realtà quanto della percezione dei problemi economici e sociali, a cominciare dall’immigrazione, che gli Stati Uniti stanno vivendo da qualche anno. L’immigrazione rischia per altro di essere un elemento rilevante anche nelle ormai prossime elezioni europee. Con effetti tutti da osservare anche in paesi strettamente alleati ma confinanti, come Ucraina e Polonia. Varsavia, argomenta Massimo Nava, si propone come avamposto militare dell’Occidente in funzione antirussa, con un riarmo poderoso. Ma non accetterà di perdere alcuno dei vantaggi della sua adesione alla UE per favorire i ‘fratelli’ ucraini.

 

Alessandro Cassieri

Editor in chief