Allarme dell’UNICEF per Gaza: non arriva più il carburante

L'agenzia dell'ONU chiede che torni a far arrivare approvvigionamenti per far lavorare le ultime infrastrutture rimaste

L’agenzia dell’ONU per i bambini, UNICEF, lancia un ennesimo allarme circa la drammatica situazione a Gaza. In particolare l’intensificarsi delle operazioni militari nell’area di Rafah e la chiusura dei valichi di frontiera hanno bloccato l’accesso a carburante.

“Abbiamo bisogno di carburante per spostare le forniture salvavita – medicine, trattamenti per la malnutrizione, tende e condutture d’acqua – e il personale per raggiungere i bambini e le famiglie in difficoltà”, spiega Catherine Russel, direttore generale dell’UNICEF. Ma senza di esso anche le poche infrastrutture di Gaza ancora funzionanti come gli ospedali, i centri di assistenza sanitaria primaria, gli impianti di desalinizzazione dell’acqua e i pozzi, le pompe per le acque reflue rischiano di fermarsi.

“La situazione è terribile – spiega ancora Russel – Se i valichi di Kerem Shalom e Rafah non verranno riaperti al carburante e alle forniture umanitarie, le conseguenze si faranno sentire quasi immediatamente: i servizi di supporto vitale per i neonati prematuri perderanno energia; i bambini e le famiglie si disidrateranno o consumeranno acqua pericolosa; le fognature traboccheranno e diffonderanno ulteriormente le malattie. In poche parole, il tempo perso diventerà presto vite perse”. Preoccupa anche lo spostamento delle persone in aree non sicure. Da Rafah sarebbero fuggiti in 80.000 e molti hanno cercato rifugio ad Al-Mawasi, una spiaggia che non dispone delle infrastrutture di base (acqua corrente e servizi igienici), altri tra le rovine di Khan Younis.

Infine il triste punto della situazione dei minori a Gaza: più di 14.000 sono stati uccisi dall’inizio della guerra, in migliaia sono stati feriti e le stime UNICEF parlano di 17.000 bambini non accompagnati o separati. Molti sono gravemente feriti, esausti, malati, malnutriti e traumatizzati.