Ucraina, i giochi pericolosi di Macron

Il Presidente francese, in crisi di popolarità e con un governo debole, adotta toni bellicisti dopo aver rivendicato la necessità del dialogo con Mosca. Per recuperare ruolo in Europa o per ragioni di politica interna?

Il presidente Macron ha fatto scalpore alla fine di febbraio 2023 dopo un incontro a sostegno dell’Ucraina in cui erano rappresentati 21 Paesi, evocando la possibilità di inviare soldati occidentali sul suolo ucraino. Questa dichiarazione ha suscitato numerosi dibattiti in Europa e in Francia. In Francia, la maggior parte dei media e degli esperti strategici si è rallegrata nel vedere il presidente Macron inasprire i toni nei confronti di Vladimir Putin, mentre fino ad ora lo avevano criticato per essere stato troppo conciliante con lui. Ma se nella comunità strategica francese i “falchi” sono la maggioranza, non lo sono nel Paese: il 74% dei francesi è contrario all’invio di truppe in Ucraina. Lo stesso vale per i leader europei che hanno tutti preso le distanze o criticato le proposte di Emmanuel Macron. Il cancelliere tedesco è stato il più esplicito nella sua opposizione.

Ma va ricordato che Joe Biden ha sempre escluso, anche prima dello scoppio della guerra, l’invio di truppe americane.

Durante la Guerra Fredda, i paesi della NATO e del Patto di Varsavia evitarono accuratamente qualsiasi confronto militare diretto. Mai un soldato sovietico ha sparato contro un soldato americano e viceversa. Potrebbe sembrare a dir poco paradossale correre un simile rischio oggi. Il ministro delle Forze Armate francese Sébastien Lecornu ha escluso l’invio di truppe da combattimento sul terreno, correggendo (o chiarendo) le osservazioni del presidente.

E’ vero che le cose vanno piuttosto male per Kiev, che incontra grosse difficoltà sul piano militare. Mentre alla fine del 2022 alcuni speravano nel crollo dell’esercito russo, nel 2023 si è invece assistito al fallimento della controffensiva ucraina, con l’esercito ucraino che ha nuovamente perso terreno. Vladimir Zelenskij si lamenta del numero insufficiente di munizioni che riceve. Inoltre, il rapporto demografico non gioca a suo favore poiché la popolazione ucraina è quattro volte inferiore a quella russa. I Paesi occidentali sostengono le condizioni poste da Zelenskij per porre fine alla guerra, ovvero: recuperare tutti i territori perduti non solo nel 2022, ma anche la Crimea conquistata nel 2014, processare Vladimir Putin davanti al Tribunale penale internazionale e chiedere alla Russia di pagare i danni di guerra. E’ un eufemismo dire che questi obiettivi sono difficili da raggiungere.

E’ questo il motivo per cui il presidente Macron ha menzionato l’invio di truppe occidentali che potrebbero far pendere la bilancia a favore dell’Ucraina? Ma una simile decisione rischierebbe uno scontro diretto con la Russia, una potenza nucleare. Come spiegare allora questa uscita di scena di Emmanuel Macron, che ha poi denunciato la codardia di chi non ha voluto essere abbastanza fermo contro Vladimir Putin?

Il presidente francese ha dato una nuova svolta alla politica francese, e questo dopo il suo discorso a Bratislava nel maggio 2023. Tuttavia, è da tempo sostenitore del dialogo con Mosca ed è stato criticato da Zelenskij per la tiepidezza del suo sostegno. Ma ora sembra voler apparire come il leader del sostegno a Kiev. Potrebbero esserci obiettivi di politica interna prima delle elezioni europee per opporsi al Rassemblement national e a France insoumise, che sostengono un cessate il fuoco. Una prospettiva ritenuta inaccettabile dagli ucraini, perché equivarrebbe ad accettare le conquiste territoriali di Mosca. I Paesi occidentali sono in un certo senso intrappolati, intrappolati da loro stessi. Aderendo pienamente agli obiettivi di guerra di Zelenskij e affermando ripetutamente che era in gioco la loro credibilità strategica, si ritroverebbero con le spalle al muro in caso di fallimento dell’Ucraina.

Emmanuel Macron ha senza dubbio visto una finestra di opportunità. Gli Stati Uniti sono bloccati dai dibattiti interni al Congresso e la prospettiva del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rende ancora più incerta la solidarietà occidentale. Il Regno Unito è impantanato in difficoltà politiche interne e la coalizione di governo tedesca non è in una posizione di leadership. Inoltre, Emmanuel Macron si è detto senza dubbio di avere una carta da giocare nell’esercizio della leadership europea. Per riprendere l’iniziativa e non restare più sulla difensiva, Francia e Germania vengono fortemente criticate nell’Est europeo per la loro relativa vicinanza alla Russia. Il problema è che posizionandosi in questo modo Macron abbandona una postura tradizionale e vantaggiosa per la Francia, quella di fungere da ponte tra l’Occidente e il Sud del mondo, in un momento in cui il divario tra i due si sta ampliando. Nella tradizione di De Gaulle e Mitterrand, la Francia è certamente un Paese occidentale, ma non può essere riassunto così. Si distingue anche per avere una politica attiva con i Paesi del Sud, soprattutto perché questi ultimi occupano un posto crescente sulla scena internazionale. Posizionandosi nettamente a sostegno dell’Ucraina, la Francia prende le distanze dalla maggior parte dei Paesi del Sud del mondo per i quali l’urgenza è vedere la fine di questa guerra. Questo è anche ciò che ha invocato Papa Francesco quando ha chiesto a Zelenskij di avere il coraggio di alzare bandiera bianca. Ma per Macron e Zelenskij questo equivale ad un abbandono vigliacco.

Il problema è che nessuno può garantire che la continuazione della guerra – che avrà costi umani, economici e sociali – otterrà il risultato desiderato. Per Papa Francesco, e per molti leader del Sud, prolungheremo inutilmente la guerra, senza cambiare la realtà territoriale.

Il problema è che i Paesi occidentali non hanno mai voluto condizionare i propri aiuti all’ottenimento di una certa influenza sugli obiettivi di guerra. C’è una differenza tra il possibile e il desiderabile. Alcuni vorrebbero che l’Ucraina recuperasse tutti i territori che ha perso. Non è sicuro che ciò sia possibile. E’ dubbio che sia possibile farlo. E il rischio è che volendo forzare la decisione in questa direzione si entri in una spirale incontrollabile.

Geopolitologo, direttore IRIS

Pascal Boniface