Un articolo di: Francesco Sidoti

I Padri Fondatori dell’Europa contemporanea da Konrad Adenauer ad Alcide De Gasperi, da Robert Schuman a Paul-Henri Spaak, fino ad Altiero Spinelli, sognavano un'Europa separata e distinta dall'American Dream. Quel sogno è ancora possibile oggi? Ce lo diranno le prossime elezioni europee di giugno. Il rischio è che nel cielo sopra Berlino quegli angeli non volino più.

Il sogno europeo, quello di Adenauer, De Gasperi e Schuman, è stato sempre separato e distinto dall’American Dream

Dai quattro angoli della Terra, persone e popoli vogliono entrare in Europa, nella speranza di realizzare un futuro migliore. La presidente della Commissione europea ha parlato di un “miracolo economico” avvenuto nei Paesi membri, dalla Spagna alla Polonia, mescolando alcuni numeri del passato e le ben diverse prospettive dell’avvenire.

Di sicuro, c’è stato un “sogno europeo”, separato e distinto dall’American Dream. Innanzitutto, perché dalla nascita è specificato e caratterizzato da ideali pacifici: costruire nuove istituzioni di civile convivenza è stato un sogno ad occhi aperti. Morirono circa 55 milioni di persone nella Seconda guerra mondiale; nel 1945, mutilati, vedove, orfani, affamati si aggiravano tra le rovine della vecchia Europa, ridotta a un cumulo di macerie. Il sogno di un mondo nuovo è esplicito in tante parole dei Padri Fondatori dell’Europa contemporanea, da Konrad Adenauer ad Alcide De Gasperi, da Robert Schuman a Paul-Henri Spaak. Il valore della pace e della coesistenza è indubbiamente il primo e il più forte sentimento alla base di quella nuova Europa che nasce nel 1945 e che è straordinariamente diversa dall’Europa colonialista, razzista, militarista, bellicista, fascista e nazista del passato. Dove sono andati a finire i fiori, dove sono andati a finire i soldati? Si chiedevano generazioni e generazioni di occidentali, da Pete Seeger a Marlene Dietrich, da Joan Baez a Bernie Sanders.

Il sogno dell’Europa era anche quello dell’isola di Ventotene, scritto da Altiero Spinelli durante il momento più cupo del continente

Un simbolo dell’ideale europeo fu il trattato istitutivo della Ceca, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, cui aderirono sei Paesi: Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Il giorno della proposta di quel trattato, 9 maggio 1950, è stato considerato così importante da essere diventato ufficialmente il giorno della Festa dell’Europa, in memoria del primo trattato d’integrazione sovranazionale. Sulla base di compromessi, accordi e collaborazioni, l’UE ha fatto la sua fortuna.
Quella Europa pacifica rappresentava la realizzazione di un sogno che non era stato soltanto di Altiero Spinelli, ma di un’intera classe politica, profondamente ispirata da teoriche misericordiose. I dirigenti dei partiti operai e popolari allora vivevano non di politica ma per la politica: uno strumento nobile per realizzare un’identità superiore, personale e collettiva. Ramsay MacDonald era un illegitimate child e Guy Mollet un pupille de la Nation. Da quando era vicesegretario generale della Società delle Nazioni, Jean Monnet incarnava perfettamente il tipo dell’idealista dotato di grande senso pratico.

C’è stato un nesso evidente e molto rilevante fra la pace e la prosperità economica

In seguito, quel sogno ha preso caratteristiche economiche precise. Il Prodotto interno lordo per abitante testimonia che per molti Paesi l’adesione all’Europa ha significato una crescita economica da sogno; in Polonia, ad esempio, è ben più che raddoppiato, passando dai 6.900 euro per abitante del 2003 ai 14.750 del 2023 (addirittura 19.920 o 22.393 in altri resoconti). I polacchi hanno sicuramente avuto angeli e protettori più di altri, come ha raccontato Jeffrey Sachs. Ad ogni modo, tra pace ed economia c’è stato per tutti un nesso rilevante ed evidente.

Non c’è più in Europa la pace di una volta. Il sogno europeo di recente è diventato un incubo da tanti punti di vista. Non sappiamo quali angeli custodi saranno al capezzale del sogno europeo, dal 6 al 9 giugno; non sappiamo neanche se saranno angeli o demoni. Questo amaro sonno della ragione non può durare per sempre e prima o poi spunterà l’alba di un nuovo giorno. 

Chi crede nei sogni, deve credere anche agli angeli – che tuttavia, come i sogni, possono talvolta lasciare a desiderare. Dove sono andati a finire gli angeli custodi del sogno europeo? Seguendo la lezione di Karl Barth, la divinità (ben compresa) include gli esseri umani, dunque anche angeli e demoni. Lucifero è, tutto sommato, un angelo decaduto. La modernità si interroga sulle differenze creaturali senza risparmiare gli angeli, come appare in due supreme rappresentazioni del Sacrificio di Isacco. Caravaggio nel 1603 e Rembrandt nel 1635 dipingono angeli inquietanti, molto lontani dalla figurazione serena e solare dei putti rinascimentali. L’iconografia classica è totalmente rinnovata; angeli, demoni, esseri umani diventano impronte dello stesso imperscrutabile conio. Non soltanto è difficile tracciare la linea di demarcazione ma è inquietante affrontare tutte le domande, come appare nello sguardo rivolto all’indietro dell’angelo della Storia in Walter Benjamin o nel circo dell’angelo rinunciatario di Der Himmel über Berlin in Wim Wenders.
Non ci sono più gli angeli di una volta. Non c’è più in Europa la pace di una volta. Il sogno europeo di recente è diventato un incubo da tanti punti di vista. Per ogni vero figlio dell’Europa, comunque sarà sempre attuale la lezione di San Paolo, Lettera agli Ebrei, 13, 2: possiamo avere a che fare con gli angeli senza saperlo. Possono essere intorno a noi e non li riconosciamo e non li apprezziamo. E così infine non sappiamo quali angeli custodi saranno al capezzale del sogno europeo, dal 6 al 9 giugno; non sappiamo neanche se saranno angeli o demoni. Questo amaro sonno della ragione non può durare per sempre e prima o poi spunterà l’alba di un nuovo giorno. A votare saranno esseri umani – potrebbero svegliarci da questo brutto sogno.

Sociologo

Francesco Sidoti