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"Per gran parte della storia, vi è sempre stata riluttanza nel rivolgersi ad un banco o ad un’istituto creditizio per prendere a prestito denaro. E questo perché il credito era considerato come l’ultima soluzione praticabile per far fronte alle spese ingenti e individui e famiglie erano più propensi ad utilizzare, in primo luogo, i risparmi disponibili accumulati."
Al giorno d’oggi l’offerta di credito per gli individui e le famiglie è assai variegata e risponde alle necessità dei mutuatari di prendere a prestito denaro per poter far fronte tanto a spese ingenti, quanto per piccoli acquisti quotidiani. Una forma primordiale di credito si era già sviluppata nell’antica Mesopotamia nel 3000 a.C., dove l’acquisto delle sementi necessarie per l’attività agricola era “finanziato” e pagato con i frutti del raccolto derivante delle sementi stesse. Queste forme di “credito agricolo” erano regolamentate 13 secoli più tardi dal “Codice” del Re babilonese Hammurabi (1793-1750 a.C.), che non solo fissava il tetto massimo degli interessi imponibili dal creditore, pari al 33% all’anno, ma stabiliva le garanzie, che il mutuatario era obbligato a fornire, e anche le clausole di dilazione o esenzione dei pagamenti nel caso di scarso raccolto a causa di condizioni metereologiche avverse. Nell’antica Grecia, nonostante il concetto di interesse, inteso come pagamento del rischio sopportato dal creditore per il finanziamento, fosse generalmente accettato e fossero anche stabiliti, a seconda del tipo e dell’ammontare del credito richiesto, i massimali di interessi applicabili, 12% per i mutui e tra il 16% e il 18% per le somme molto elevate, l’etica dell’attività di credito era una questione molto dibattuta tra i filosofi. Secondo Platone, per esempio, l’attività creditizia avrebbe potuto causare instabilità sociale, vista la scarsa considerazione verso i mutuatari meno abbienti. Ma qual è il risultato di un’attività creditizia che non tiene in considerazione la capacità di pagamento dei mutuatari?
Sistemi di pagamenti a rate
Per gran parte della storia, vi è sempre stata riluttanza nel rivolgersi ad un banco o ad un’istituto creditizio per prendere a prestito denaro, poiché il credito era considerato come l’ultima soluzione praticabile per far fronte alle spese ingenti e individui e famiglie erano più propensi ad utilizzare, in primo luogo, i risparmi disponibili accumulati. Tuttavia, nel momento in cui la produzione di massa rese l’offerta di beni sicura e stabile, le aziende, per evitare l’accumulazione di scorte, studiarono incentivi per aumentare le vendite dei loro prodotti. Negli Stati Uniti General Motors e Ford, per riuscire a vendere le proprie automobili al maggior numero possibile di clienti, compresi anche coloro che non avevano le capacità finanziarie necessarie, istituirono due sistemi di finanziamento degli acquisti. Nacquero, così, il piano di pagamento settimanale di Ford e il piano di credito della General Motor Acceptance Corporation, attuale Ally Finance, ancora oggi una delle più grandi società finanziarie statunitensi specializzata nei crediti per l’acquisto delle automobili. Questi piani di finanziamento prevedevano il versamento iniziale di una percentuale dell’intero prezzo dell’automobile e il saldo della somma pagato in rate dilazionate a scadenze prestabilite per tutta la durata del contratto.
In seguito anche le aziende di elettrodomestici iniziarono a promuovere l’acquisto dei propri prodotti attraverso queste forme di credito al consumo, che furono “copiate” anche in Europa e, soprattutto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, spinsero la ripresa dell’economia mondiale. Nel periodo post-bellico, nel quale il risparmio delle famiglie era stato pressochè azzerato in seguito al protrarsi della guerra, il credito fu lo strumento con il quale i consumi furono incentivati e sostenuti. Nel 1951, per esempio, in Francia la Fédération de l’ameublement e il Banque générale industrielle-La Hénin, fondarono Sofinco, ancora oggi in attività e facente parte del gruppo bancario francese Credit Agricole, per il credito al consumo nel settore dei mobili e dell’arredamento. Nel 1953 sempre in Francia Jacques de Fouchier fondò Cetelem, oggi società controllata dal gruppo BNP Paribas, per offrire prodotti di credito al consumo per l’industria francese degli elettrodomestici.
Apparizione delle carte di credito
All’inizio degli anni 60 il nascere delle società di pagamento ha poi ulteriormente allargato ed esteso l’utilizzo del credito al consumo grazie alla sistematizzazione della raccolta di dati dei crediti che una singola famiglia aveva richiesto presso diversi venditori e/o aziende. Nel 1958 fu lanciata da Bank of America (BofA) BankAmericard che segnò di fatto la nascita delle carte di credito. Questo programma di credito, di cui BofA lasciò il controllo nel 1970 e che nel 1976 prese il nome VISA, cominciò a generare profitti per la banca statuinitense solo dopo il 1961 e nel 1966 un gruppo di banche lanciò un programma concorrente Interbank, rinominato Master Charge nel 1969, che poi prese il nome di Mastercard nel 1979.
Questa rapidissima trasformazione nelle abitudi di acquisto, dettata dallo sviluppo del credito al cosumo e dall’introduzione della “tecnologia” delle carte di credito, fece perdere completamente di attualità il motto popolare latino “Cras credo, hodie nihil”, traducibile come “domani si fa credito, oggi no” attribuito all’erudito latino Marco Terenzio Varrone. Nel 2023 l’Institute of International Finance nel suo report “Global Debt Monitor In Search of Sustainability” ha messo in luce dati assai allarmanti riguardo alla massa di debito mondiale, privato e pubblico, accumulata negli anni: a metà del 2023 si era raggiunta la cifra di 307 trilioni di dollari, dei quali il 18% circa era costituito dal debito accumulato dagli individui e dalle famiglie. Di questi 57,7 trilioni di dollari, circa 40 trilioni erano in capo ai Paesi economicamente più sviluppati e i restanti circa 18 trilioni ai Paesi in via di sviluppo. Secondo le previsioni di Standard & Poors Global la massa di debito è destinata entro il 2030 a raggiungere i 336 trilioni di dollari o addirittura i 373 trilioni nel caso dello stanziamento di ulteriori 36 trilioni per il processo di transizione energetica.
La situazione del debito privato
Ad oggi, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale (IMF), il rapporto tra debito, pubblico e privato, e PIL mondiale è del 337% e i Paesi con il maggior rapporto tra debito delle famiglie e PIL nazionale sono la Svizzera, 128,3%, Australia, 111,75%, e la Repubblica della Corea del Sud, 105,09%. I Paesi del G7 hanno tutti un rapporto debito privato/PIL superiore al 55%, fatta eccezione per l’Italia con un 41,72%. I Paesi BRICS, invece, hanno tutti un rapporto che non supera il 61% della Cina.
Il rapporto tra debito e PIL nazionale, tuttavia, non dà un’idea precisa della massa di debito accumulata dagli individui e dalle famiglie in ciascun Paese. Secondo le statistiche raccolte tra settembre e dicembre del 2023, gli Stati Uniti avevano un debito privato di circa 17 trilioni di dollari, seguiti dalla Cina, con 11 trilioni. Le famiglie degli altri paesi del G7 avevano accumulato debiti rispettivamente per 2,7 trilioni di dollari, Regno Unito, 2,6 trilioni, Giappone, 2,2 trilioni, Germania, 2,1 trilioni, Canada e Francia, e 1 trilione, Italia. Il debito totale delle famiglìe dei Paesi facenti parte dell’Unione Europea, invece, ammontava a circa 7,3 trilioni di dollari. Tra i Paesi del gruppo dei Paesi BRICS, esclusa la Cina, nessuna nazione superava il trilione di dollari, con il Brasile che aveva il maggior debito, con quasi 700 miliardi di dollari, seguito dall’India, con 440 miliardi, dalla Russia, con 397 miliardi, e infine dalla Repubblica del Sudafrica con 147 miliardi di dollari.
All’interno di ogni nazione la composizione e la struttura del debito accumulato dagli individui e dalle famiglie varia, viste le diverse abitudini di spesa e attitudini verso il credito in generale. In Europa, secondo un report presentato da Deloitte nel 2019, il rapporto degli abitanti del vecchio continente, soprattutto in Germania, verso il debito personale era ancora abbastanza negativo. Lo studio della società di consulenza analizzava, in particolare, le transazioni effettuate con carte di credito. Mentre nel Regno Unito un 35% di debito personale era costituito dalle transazioni effettuate con carta di credito, Spagna e Francia avevano registrato volumi di operazioni, rispettivamente del 16% e dell’11%. Italia e Germania avevano le percentuali più basse, con un 6% e un 2% rispettivamente. La Banca Centrale Europea (ECB) non fornisce dati dettagliati sulla composizione dei debiti accumulati dagli individui e dalle famiglie in Europa. Nel suo ultimo report dell’ottobre 2023 la ECB metteva in luce una diminuzione del rapporto tra debito delle famiglie e PIL europeo sceso a 89,5% dal 95% dello stesso periodo nel 2022, forse più che altro giustificato dalla diminuzione nell’erogazione del credito, precipitata a 6 miliardi di dollari nel terzo quadrimeste del 2023, dai 65 miliardi di dollari erogati nello stesso periodo del 2022. La ECB fornisce una sola distinzione sulla struttura del debito privato dei cittadini europei, separando debiti a lungo termine, circa 7 trilioni di dollari, e a breve termine, 300 miliardi di dollari. Si può solo formulare l’ipotesi, che, così come per molte altre nazioni, i mutui per acquisti di immobili costituiscano la maggior parte del debito accumulato.
Per quanto riguarda l’emisfero anglosassone, le informazioni a disposizione sono più dettagliate. Secondo le statistiche raccolte a novembre del 2023 il debito delle famigle nel Regno Unito era aumentato di circa 23,5 miliardi di dollari rispetto al novembre del 2022. Nonostante le famiglie del Regno Unito avessero dovuto pagare interessi per circa 90 miliardi di dollari, secondo il report dell’agenzia governativa Office for Budget Responsibility di novembre 2023 il debito totale delle famiglie avrebbe raggiunto i 3 trilioni di dollari entro il 2025. Nonostante la maggior parte della massa di debito accumulato derivasse dall’accensione di mutui, le statistiche della Banca of England (BoE) mostravano come l’accumulo di debiti derivanti dall’utilizzo del credito al consumo fosse aumentato di 2,5 miliardi di dollari a fine novembre, raggiungendo la somma totale di 277 miliardi di dollari. Il debito accumulato attraverso l’uso delle carte di credito era arrivato a 87 miliardi di dollari con un tasso di interesse medio applicato del 21%.
La situazione del debito individuale negli Stati Uniti
Dall’altra parte dell’oceano Atlantico la situazione legata al debito degli individui e delle famiglie è anche ben più complicata, vista la maggiore e più consolidata attitudine ad utilizzare il credito. Basti pensare che il numero di carte di credito in uso negli Stati Uniti si aggira intorno al miliardo di unità e le previsioni parlano di un costante aumento. La Federal Reserve Bank di New York nel 2023 ha lanciato il monito di come il debito consolidato derivante dagli acquisti tramite carte di credito negli Stati Uniti avesse superato alla fine della prima metà dell’anno 1,08 trilioni di dollari, in aumento rispetto al 2022 di 48 miliardi di dollari. In media una famiglia aveva accumulato un debito intorno ai 10.000 dollari e, cifra anche più allarmante, il tasso di intersse sui pagamenti dovuti si aggirava, in media, intorno al 21%. A gennaio del 2024 la Federal Reserve Bank of New York ha pubblicato i dati consolidati per il 2023 e a fine anno il debito generato dalle carte di credito era arrivato a toccare 1,13 trilioni di dollari, con un aumento solo nel quarto trimestre dell’anno di ulteriori 50 miliardi di dollari.
Il debito contratto con l’uso delle carte di credito, tuttavia, è solo una piccola porzione dei debiti delle famiglie. Sempre secondo il report della Federal Reserve Bank di New York di gennaio 2024, le famiglie statunitensi avevano accumulato a fine 2023 un debito complessivo di 17,5 trilioni di dollari, in aumento di 600 miliardi di dollari rispetto al 2022. Solo nel quarto trimestre i debiti derivanti dai mutui erano aumentati di 112 miliardi, arrivando a toccare i 12,14 trilioni complessivi. Sempre nell’ultimo trimestre del 2023 i crediti erogati per l’acquisto di automobili avevano registrato un aumento di 12 miliardi di dollari e in totale ammontavano a 1,61 trilioni di dollari, mentre i crediti erogati agli studenti erano aumentati di “soli” 2 miliardi ed erano fermi a circa 1,6 trilioni di dollari. Era stato registrato anche un aumento di altri crediti al consumo per un totale di 25 miliardi di dollari.
Aumento senza freni dei debiti degli individui
L’espansione della massa di debito degli individui e delle famiglie non sembra conoscere freno, nemmeno quando vengono raggiunti i massimali di spesa delle carte di credito o i fondi sui conti correnti non sono sufficienti per sostenere le proprie spese. Nell’ultimo quinquennio, visti anche gli elevati tassi di interesse, infatti, è diventato molto popolare l’utillizo di un nuovo strumento di pagamento, il cosiddetto “buy now, pay later” (BNPL). Anche per gli acquisti on-line è stata creata la possibilità di “finanziare”, spesso a tasso nullo, le proprie spese semplicemente dividendo la somma da pagare in parti uguali e “spalmandole” su un determinato arco temporale. Le società che gestiscono le transazioni per i piani di BNPL, non essendo istituti di credito o società di pagamenti, non sono tenute a divulgare le informazioni sulle transazioni eseguite e, viste le difficoltà di tracciabilità e contabilizzazione di questi pagamenti, sono stati coniati gli appellativi di “debito fantasma” o “debito ombra”. La banca statunitense Wells Fargo in un report del dicembre del 2023 stimava che tra il 2019 e il 2021 l’utilizzo del BNPL nei soli Stati Uniti era aumentato del 1000%, raggiugendo i 24,4 miliardi di dollari di volumi, corrispondenti al 2,5% del mercato delle carte di credito. Un ulteriore dimostrazione che questo strumento, soprattutto da quando il costo del denaro è aumentato, stia diventando sempre più utilizzato, è dimostrata dai dati raccolti da Adobe: sempre negli Stati Uniti nel periodo tra novembre e dicembre 2023, sarebbero state effettuate operazioni per 16,6 miliardi di dollari con il BNPL. Frodi e mancati pagamenti derivanti dall’utilizzo di questo strumento di pagamento sono problemi da non sottovalutare per il sistema finanziario, dal momento che il BNPL è la forma di pagamento più utilizzata da quella fascia di consumatori definiti, secondo un’analisi della Federal Reserve Bank of New York, “finanziariamente fragili”, ovvero con un basso rating di credito, ai quali è stato rifiutato un credito nell’ultimo anno solare o che nell’ultimo anno solare sono stati insolventi per più di trenta giorni. Il Consumer Financial Protection Bureau, agenzia governativa statunitense per la protezione finanziaria dei consumatori, aveva anch’esso rilevato come il BNPL fosse più appetibile per quegli individui già fortemente indebitati o con saldo negativo o inadempienze sui conti delle loro carte di credito. Nel Regno Unito, per esempio, il 25% di coloro che usufruisce del BNPL non è in grado di rispettare le scadenze dei pagamenti, così come negli Stati Uniti, secondo Morning Consult, società che elabora sondaggi di ricerca online, un ulteriore 25% di persone che hanno usato il BPNL è incorso in penali da pagare a causa dei pagamenti ritardati o mancati.
Alla base del debito privato c’è l’eccessivo stimolo al consumo
La causa dell’espansione del debito privato di individui e famiglie è da ricercarsi nell’eccessivo stimolo al consumo. La teoria economica elaborata nel 1954 da Franco Modigliani e Richard Brumberg nel “Utility Analysis and the Consumption Function” proponeva che le decisioni di spesa delle famiglie sono guidate dalle valutazioni riguardo alle esigenze di spesa e di reddito per il resto della loro vita, tenendo conto di eventi prevedibili come un calo del reddito al momento della pensione. In questo contesto, quindi, il debito delle famiglie era solo uno strumento di temporaneo “bilanciamento” dei consumi: attraverso il debito infatti potevano essere mantenuti i livelli di consumo preferiti dal nucleo familiare sopperendo così alle variazioni dei livelli di reddito dal nucleo familiare stesso. Tuttavia questa teoria non teneva in considerazione, tra gli altri fattori, i limiti di credito ai quali gli individui o le famiglie possono attingere. Con il nascere del credito al consumo, vengono riscritte le abitudini di consumo, che non sono più legate ai bisogni degli individui, ma alla necessità delle aziende di generare profitti. Gli individui e le famiglie, nel loro ruolo di consumatori di beni e servizi, vengono utilizzati come motore della crescita economica. La spesa mondiale in beni e servizi delle famiglie è passata da 1,7 trilioni di dollari nel 1970 a 35 trilioni di dollari nel 2009. L’espansione della base monetaria, in seguito alla crisi finanziaria del 2009 e alla pandemia del 2020, ha ulterioremente spinto i consumi fino a 53 trilioni di dollari nel 2021, con una previsione di spesa in costante aumento fino a 77 trilioni di dollari nel 2030. In termini di PIL, in media nel mondo i consumi di individui e famiglie rappresentano circa tra la metà e due terzi del PIL nazionale. Nel 2023 nell’Unione Europea i consumi privati hanno rappresentato il 53% del PIL, nel Regno Unito il 63%, negli Stati Uniti il 68%.
Le lezioni della crisi finanziaria del 2009 sono state dimenticate molto velocemente anche dagli individui e dalle famiglie, che, assuefatti dalle esorbitanti quantità di denaro a costi risicati in circolazione, non hanno tenuto in considerazione che, presto o tardi, il debito accumulato sarebbe arrivato a scadenza. Il repentino aumento dell’inflazione, inoltre, non solo ha accelerato l’erosione dei risparmi già accumulati da individui e famiglie, ma ha anche “ridimensionato” il loro potere di acquisto presente stimolando un circolo vizioso di accumulo di nuovo debito, date anche le crescenti difficoltà nel ripagare il debito già in essere. Il conseguente aumento dei tassi di interesse della banche centrali ha poi alzato la pressione finanziaria sui nuclei familiari, poichè i costi legati al debito sono aumentati. A gennaio del 2024 il Trades Union Congress (TUC), ovvero la confederazione dei sindacati del Regno Unito, ha lanciato l’allarme di come il debito di individui e famiglie stesse diventando una “bomba a orologeria” programmata per detonare nel futuro più prossimo. Secondo il TUC, infatti, nel Regno Unito il debito non assicurato, ovvero senza sottostante garantito da immobili, nel 2024 aumentarà del’11% rispetto al 2023 e nel 2026 aumenterà del 32% sempre rispetto al 2023. L’aumento del costo della vita, delle tasse e i tagli nel settore della previdenza sociale sono i fattori che maggiormente faranno espandere il debito dei nuclei familiari nel Regno Unito. Secondo un indagine condotta dalla BOE tra le maggiori banche inglesi la pressione finanziaria su individui e famiglie farà aumentare, solo nel primo trimestre del 2024, del 32% il numero di mancati pagamenti dei debiti non garantiti e del 40% quello dei debiti garantiti.
Le prospettive della situazione del debito famigliare negli USA e in Europa
L’agenzia di rating Fitch a novembre del 2023 ha presentato le proprie previsioni sull’andamento futuro del debito dei nuclei familiari negli Stati Uniti: nonostante per il 2024 si prevedesse una diminuzione dei consumi e quindi una contrazione del debito a questi legato, per la famiglie statunitensi il costo derivante dall’estinzione del debito già accumulato avrebbe eroso un ulteriore 11% dei redditi disponibili entro il 2025. Sebbene la maggior parte della massa di debito accumulata fosse rappresentata dai mutui, l’aumento dei tassi di interesse legato alle carte di credito avrebbe portato i costi di finanziamento del debito stesso a nuovi record nel 2024. Per tutti i debiti, esclusi i mutui, il costo per la loro gestione sarebbe aumentato del 7,3% entro il 2025. A febbraio del 2024, inoltre, la Federal Reserve Bank di New York ha segnalato un incremento del 3,1% delle frodi in relazione ai mancati pagamenti nella restituzione dei crediti o degli interessi. Malgrado le percentuali fossero inferiori rispetto ai massimi registrati prima della pandemia del Covid-19 il numero di mancati pagamenti a partire dal 2022 era in costante aumento. I segmenti interessati che avevano registrato il maggior numero di casi erano quello delle carte di credito e quello dei crediti per l’acquisto di automobili, dato che metteva in luce un abbassamento degli standard creditizi dei mutuatari.
In Europa, data la maggior avversità al debito, le condizioni sembrano essere più favorevoli. Secondo un’analisi di Fitch del gennaio del 2024, infatti, era previsto che gli individui e le famiglie dell’Eurozona fossero in grado di resistere meglio alla pressione finanziaria applicata dal permanere di tassi elevati. Nonostante, infatti, il costo per i nuovi crediti richiesti dai nuclei familiari fosse aumentato di 270 punti base dalla fine del 2021, i tassi effettivi su tutti i prestiti bancari erano aumentati di solo 90 punti base, secondo i dati della ECB. Fattore portante della maggiore resilienza finanziaria dell’Eurozona è la struttura stessa del mercato dei mutui, che nella maggior parte dei Paesi dell’Eurozona prevede l’applicazione di tassi fissi, non legati quindi alle fluttuazioni dei tassi della ECB. Per questo l’effetto di un aumento del costo del denaro è ritardato e dilatato su un orizzonte temporale più lungo. In Spagna e Italia il numero di mutui a tasso fisso è inferiore alla media europea, mentre Francia e Germania al contrario hanno un numero di mutui a tasso fisso molto maggiore. Il parlamento europeo, inoltre, nel settembre del 2023 ha approvato le nuove disposizioni in materia di credito personale, che prevedono un obbligo di maggiore trasparenza contrattuale da parte del creditore, con il fine ultimo di dare la possibilità ai mutuatari di prendere denaro a prestito alle migliori condizioni contrattuali possibili.
Conclusioni
L’incessante aumento del debito globale, sia pubblico come privato, rappresenta un enorme problema. I deficit pubblici non possono essere considerati né riserve finanziarie per gli individui e le famiglie né uno strumento di crescita per il settore industriale. Il debito gonfiato grava sull’economia, provocando uno stallo della produttività, un aumento delle tasse e il costante innalzamento dell’inflazione. Le probabilità di allocare credito, tanto alle aziende quanto ai privati e alle famiglie, in maniera inefficiente aumentano proporzionalmente all’espansione della base monetaria, degradando di pari passo gli standard di allocazione del credito stesso e portando, in ultima istanza, alla distruzione di risorse finanziarie. A fine febbraio del 2024 il Bureau of Economic Analysis, agenzia federale statunitense per le statistiche finanziario-economiche, ha presentato le revisioni sui dati del PIL statunitense, mettendo in luce come nell’ultimo trimestre del 2023 l’economia statunitense fosse cresciuta del 3,2%, o in termini monetari assoluti di 334,5 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, però, il debito pubblico statunitense è cresciuto di circa 834 miliardi di dollari, passando da circa 33 trilioni a 34 trilioni di dollari, ovvero per produrre ogni dollaro di PIL ne sono stati spesi 2,5.