Guida ai problemi dell’economia internazionale

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Un articolo di: Riccardo Fallico

Ma davvero l’abbandono dei motori a benzina o diesel potrebbe fermare i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale? In molti lo cominciano a dubitarne…

Gli sforzi politici per promuovere l’auto elettrica

La differenziazione delle tecnologie legate alla propulsione della automobili, come i motori ibridi o a idrogeno, è sempre stata legata alla mitigazione dei rischi di sicurezza energetica legati alla scarsità delle riserve di petrolio e ai crescenti costi e difficoltà legati alla sua estrazione. Nel recente passato, tuttavia, l’elettrificazione del trasporto è stata “eletta” da molti governi come lo strumento necessario ed indispensabile per la lotta contro i cambiamenti climatici. Gli sforzi politici per promuovere l’auto elettrica sono stati enormi e sono stati profusi sotto forma di sussidi e/o altre forme di “privilegi” per gli automobilisti che passavano ad un veicolo elettrico. In Norvegia, una delle nazioni maggiormente determinate a eliminare dalla circolazione i motori a combustione, il governo ha emanato negli anni diverse leggi per spingere la propria popolazione a comprare un auto elettrica. I risultati sono notevoli, ma, allo stesso tempo, di scarsa rilevanza. Nonostante più dell’80% di auto vendute a luglio del 2023 fossero elettriche, il parco macchine nazionale era ancora per la stragrande maggioranza, circa il 72%, composto da auto con motore a combustione. Dal punto di vista economico la struttura di incentivi è costata molto, tanto da ammontare nel solo 2022, quando la maggior parte di questi incentivi erano anche già scaduti, a 4 miliardi di dollari, ovvero il 2% del totale delle spese statali, tanto quanto le spese per la manutenzione stradale. Dal punto di vista ecologico le cose non sono andate molto meglio. La Norvegia è riuscita a tagliare del 16% il totale delle proprie emissioni generate, risultato di per se lodevole, ma di dubbia validità, poiché gli Stati Uniti sono riusciti ad ottenere lo stesso risultato in seguito al passaggio dal carbone al gas per la produzione di elettricità.

Proteste dei produttori e delle società di noleggio auto

Se i governi sono più restii ad ammettere che la massiccia elettrificazione del sistema di trasporto non può essere davvero perseguibile, le aziende private, al fine di salvaguardare i propri risultati economici e finanziari, non sembrano utilizzare tanta diplomazia. Nel 2021 Hertz aveva annunciato di voler creare la più grande flotta di veicoli elettrici tra le società di noleggio, pianificando di acquistare oltre 300 mila auto elettriche, per poi nel 2024 fare marcia indietro. Il CEO di Hertz, Stephen Scherr, ha annunciato che la sua società, a causa degli elevati costi di manutenzione dei veicoli elettrici, inizierà a investire di nuovo nelle auto a benzina, pianificando parallelamente la vendita di 20 mila auto elettriche. In seguito ai risultati presentati ad aprile, Hertz ha poi aumentato a 30 mila unità il numero di veicoli elettrici da vendere. Già nell’ottobre del 2023 Ford aveva bloccato gli investimenti annunciati di 12 miliardi di dollari per la produzione di veicoli elettrici, additando il fatto che questi fossero troppo onerosi. Questo seguiva i terribili risultati finanziari della divisione elettrica del produttore statunitense, che prevedeva di chiudere il 2023 con una perdita di oltre 4 miliardi di dollari. Secondo le previsioni di General Motors, i primi risultati positivi legati alle vendite di auto elettriche non sarebbero arrivati prima del 2025. Entrambe le case automobilistiche statunitensi ad aprile del 2024 hanno dichiarato che, vista anche la flessione delle vendite negli Stati Uniti dei veicoli a batteria, la loro strategia era tornare a puntare sui veicoli con motore a scoppio.

Il WEF promuove le auto elettriche

Eppure il World Economic Forum (WEF) nel 2018 pubblicò, in collaborazione con la società di consulenza Bain & Company, la ricerca “Electric Vehicles for Smarter Cities: The Future of Energy and Mobility”, che annunciava la rivoluzione della mobilità per il mondo intero grazie all’adozione dei veicoli elettrici. Nel settembre del 2021 McKinsey ha pubblicato la ricerca “Why the automotive future is electric”, nella quale ha dichiarato come l’elettrificazione del trasporto avrebbe rivoluzionato non solo il settore automobilistico, ma anche tutto il suo indotto, e più in generale l’economia dei Paesi, vista la necessità di costruire imponenti fabbriche per la produzione delle batterie necessarie per i veicoli. I dati presentati a luglio del 2023 dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) hanno mostrato come l’adozione delle automobili elettriche nel recente passato fosse aumentata esponenzialmente, tanto che il totale delle unità vendute alla fine del 2023 avrebbe dovuto raggiungere i 14 milioni di unità, circa il 18% del totale delle auto vendute al mondo, e in aumento del 35% rispetto al 2022. A questo ritmo, sempre secondo l’IEA, entro il 2030 il consumo di petrolio sarebbe potuto diminuire di 5 milioni di barili al giorno.

Gli ostacoli principali che frenano il processo di elettrificazione dei trasporti

Cosa frena allora il processo di elettrificazione del trasporto? La sua natura politica. Nel 2020, ad esempio, l’Unione Europea stabilì degli obiettivi molto ambiziosi per il settore automobilistico: entro il 2030 il totale di macchine elettriche in Europa avrebbe dovuto raggiungere i 30 milioni di unità, ovvero quadruplicare il numero di auto elettriche e ibride attuale. Quali erano le basi sulle quali venivano stabiliti questi target?

Dal punto di vista economico il perseguimento delle varie politiche in materia ambientale, come emissioni nette zero entro il 2050, non sembrano tener conto, in primis, di determinati fattori. Per aumentare il numero di veicoli elettrici, deve aumentare la quantità di batterie da poter installare sui veicoli stessi. Per soddisfare la crescente domanda di batterie, quindi, deve aumentare l’attività di estrazione di tutti i materiali che servono per produrle. Data l’attuale tecnologia, si tratta, soprattutto, di litio, cobalto, nickel, magnesio, ferro, graffite, zinco, rame, anche considerando i progetti annunciati per lo sviluppo di nuove miniere, l’offerta di nickel, cobalto e litio non sarà in grado di soddisfare la domanda futura. Questo sbilanciamento potrebbe causare gravi shock nell’approvvigionamento dei metalli e dei minerali stessi facendo, di conseguenza, lievitare i prezzi finali delle auto elettriche. Sarebbero poi necessari molti nuovi impianti per la produzione di batterie. L’IEA stima che entro il 2030 la domanda di batterie arriverà a toccare i 3,5 TWh all’anno, due volte superiore rispetto ai1,5 TWh del 2022. Nel caso di un completo conseguimento delle politiche “net zero emission” arriverebbe addirittura a toccare i 5,5 TWh all’anno. La domanda potrebbe essere soddisfatta attraverso l’apertura di almeno 50 impianti di produzione della capacità di non meno di 35 GWh annui. In termini monetari, secondo il “BloombergNEF’s 2023 Electric Vehicle Outlook”, questo comporterebbe una spesa minima di 23,5 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 e di 27,8 miliardi di dollari tra il 2030 e il 2040. Nel caso dello scenario di emissioni nette zero, invece, le somme ammonterebbero a 44,4 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 e ulteriori 57,2 miliardi all’anno tra il 2030 e 2040. Le dichiarazioni di Dominic Barton, presidente di Rio Tinto la seconda società mineraria al mondo, hanno tuttavia rivelato come il settore minerario non sia in grado di supportare la transizione energetica. Visti i tagli degli investimenti iniziati già a partire dal 2015-2016, mancano le risorse finanziarie, quantificabili in centinaia di miliardi di dollari, necessarie per lo sviluppo di nuovi progetti.

Il punto delle batterie elettriche

L’aumento delle batterie in circolazione comporterebbe, a sua volta, un aumento della domanda di energia elettrica, necessaria sia per produrle sia per alimentarle. Secondo lo stesso “BloombergNEF’s 2023 Electric Vehicle Outlook” la domanda mondiale totale di elettricità entro il 2050 potrebbe toccare i circa 40.000TWh, di cui il 14% destinato alla batterie dei veicoli elettrici. Dal momento che l’energia elettrica non è reperibile in natura, ma deve essere prodotta, si dovranno effettuare ulteriori investimenti per la generazione dei volumi incrementali di elettricità. Considerando il mix energetico attuale per la produzione di elettricità, le fonti primarie sono gli idrocarburi, gas e il carbone in primis, seguite dal nucleare, mentre le fonti rinnovabili contano per circa un terzo del totale. In questo contesto, quindi, il settore energetico dovrebbe investire risorse finanziarie aggiuntive, nel breve e medio periodo, per aumentare tanto l’estrazione di idrocarburi quanto gli impianti per la loro trasformazione in elettricità. Nel lungo periodo, invece, gli investimenti dovrebbero essere destinati sia a sviluppare nuove tecnologie di sfruttamento delle fonti rinnovabili, che ad oggi, non possono generare un flusso di energia elettrica costante o prevedibile. In parallelo sarebbero necessari anche nuovi investimenti nel nucleare. Secondo i dati dell’IEA nel 2023 erano stati previsti investimenti totali in progetti energetici per 2,8 trilioni di dollari di cui 1,2 trilioni in produzione di energia, 980 miliardi di dollari nella distribuzione di idrocarburi e bio-carburanti, 377 miliardi in efficienza energetica e “solo” 247 miliardi di dollari per l’elettrificazione. Secondo il “World Energy Transition Outlook 2023” di IRENA, l’agenzia internazionale per le energie rinnovabili, per raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale annuale a 1,5°C fino al 2050 dovrebbero essere sostenuti investimenti per 1,4 trilioni di dollari in generazione di elettricità da fonti rinnovabili e 1,5 trilioni di dollari in efficienza e conservazione dell’elettricità. La “Net Zero Map” del 2023 dell’IEA, invece, dichiara che gli investimenti in energie alternative dovrebbero raggiungere i 4,5 trilioni di dollari all’anno entro il 2030 e 4,7 trilioni di dollari entro il 2050, più del doppio dei 1,8 trilioni di dollari che sarebbero stati spesi nel 2023, per riuscire a centrare l’obiettivo di emissioni nette zero.

Logistica, stazioni di rifornimento e altri rompicapi

Queste cifre astronomiche non coprono gli investimenti nella rete logistica, le griglie elettriche e le stazioni di rifornimento, necessarie all’espansione dell’adozione dell’uso dei veicoli elettrici. Secondo il “World Energy Transition Outlook 2023” di IRENA sono richiesti 364 miliardi di dollari all’anno per le strutture di ricarica del trasposto elettrico e altri 800 miliardi di dollari all’anno per le griglie elettriche per la trasmissione dell’elettricità. Le reti elettriche sono, oggi, il punto più debole nella catena dell’elettrificazione del trasporto. Ad ottobre del 2023 l’IEA ha pubblicato un report, secondo il quale a livello globale entro il 2040 sarebbero dovuti essere sostituiti o aggiunti 80 milioni di chilometri in linee di trasmissione elettrica per far fronte all’aumento dei volumi di energia elettrica. L’IEA affermava che sarebbero stati necessari non meno di 600 miliardi di dollari all’anno per affrontare questo problema. Negli Stati Uniti già oggi la rete elettrica non è in grado di sopportare e gestire improvvisi aumenti nella trasmissione dell’elettricità, mettendo a potenziale rischio la vita stessa delle persone. In Europa la situazione non è migliore: il report “Grids for Europe’s energy transition report” del think-tank Ember ha rilevato come i piani di sviluppo delle reti elettriche di molti Paesi europei siano realizzati in contrasto con le scelte politiche dei governi in materia di elettrificazione e non tengano in conto delle vere necessità di sviluppo della griglia elettrica europea. Il report ha addirittura affermato che il programma REPowerEU sottostimi gli investimenti necessari di almeno 5,3 miliardi di dollari all’anno.

Gli investimenti nell’elettrificazione dei trasporti sono giustificabili con la lotta contro i cambiamenti climatici?

Gli investimenti necessari sono astronomici e non sembrano essere perseguibili, soprattutto in un momento storico in cui il mondo sta vivendo un’incertezza a livello geopolitico che potrebbe provocare ulteriori rotture delle catene produttive e logistiche per la consegna delle merci. Questi investimenti possono, tuttavia, essere considerati assolutamente necessari per combattere il pericolo numero uno  per l’umanità, causato dai cambiamenti climatici e dal riscaldamento globale? Non esattamente. Il report “GHG emissions of all world countries” del 2023 del centro studi della Commissione Europea ha messo in risalto come le emissioni generate dai trasporti nell’Unione Europea, nonostante tutte le politiche “verdi” messe in atto, siano aumentate tra il 2021 e 2022 addirittura del 4%. Inoltre, se, da un parte, l’elettrificazione del trasporto permetterebbe il taglio delle emissioni generate dai motori a scoppio, dall’altra, invece, si resisterebbe un aumento delle emissioni legate ai processi, tutti ad altissima intensità energetica, dell’estrazione e della lavorazione dei metalli, dei minerali e degli idrocarburi, necessari per sostenere il settore del trasporto elettrico. Il Dipartimento statunitense per l’Energia (EIA) nel suo “International Energy Outlook 2023” ha stimato che l’aumento dei consumi di energia da qui al 2050 supererà gli incrementi marginali di efficienza energetica e porterà ad un aumento costante delle emissioni. Il report “Emissions Gap Report 2023” del programma dell’ONU in materia ambientale ha rilevato che le emissioni globali sono rimaste in costante aumento e nel 2022 hanno toccato un nuovo record, raggiungendo i 57,4 GtCO2. L’IEA ha affermato che nel 2023 sono state emesse a livello mondiale 37,2 GtCO2 di emissioni legate alle varie forme di energia, un aumento del 1,1% rispetto al 2022.

La quantità di emissioni generate dai motori a scoppio che può essere eliminata con l’elettrificazione è circa del 6% del totale delle emissioni. La cifra di sicuro non è irrilevante, ma in termini assoluti è meno della metà delle emissioni prodotte per la generazione di energia elettrica, 29% del totale.

Il giudizio finale: la quota globale di auto elettriche non potrà superare il 30% del totale delle auto in circolazione

ll presidente di Toyota, Akio Toyoda, a marzo del 2024 ha dichiarato che la quota globale di auto elettriche non potrà superare il 30% del totale delle auto in circolazione. Anche per raggiungere i più ambiziosi obiettivi di tagli delle emissioni di anidride carbonica le auto elettriche devono essere affiancate da altre tecnologie di propulsione, dal momento che la tecnologia sottostante non è affatto matura. La convenienza di un veicolo elettrico è sempre stata esogena, visti gli incentivi statali fruibili, ma i consumatori saranno ancora interessati ai veicoli elettrici una volta che, come nel caso della Norvegia, lo Stato si renderà conto dell’impatto negativo che questi stessi incentivi hanno sulle casse nazionali?

Economista

Riccardo Fallico